MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI - Interpello n. 2/ 2019
MLPS, interpello 16 aprile 2019, n. 2 - Interpello ai sensi dell?articolo 9 del
d.lgs. n. 124/2004 Riposi giornalieri ex articolo 39 del d.lgs. n. 151/2001 e
diritto alla pausa pranzo e alla fruibilità del servizio mensa
MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interpello n. 2/ 2019
All?
ISPRA
Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
Oggetto:
Interpello ai sensi dell?articolo 9 del d.lgs. n. 124/2004.
Riposi giornalieri ex articolo 39 del d.lgs. n. 151/2001 e diritto alla pausa
pranzo e alla fruibilità del servizio mensa.
Con l?istanza indicata in oggetto, codesto Istituto ha formulato interpello
riguardo al diritto alla pausa pranzo e alla conseguente attribuzione del buono
pasto, ovvero alla fruizione del servizio mensa, da parte delle lavoratrici che
usufruiscono dei riposi giornalieri "per allattamento" di cui all?articolo 39
del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 e successive modificazioni.
Il predetto articolo 39 stabilisce il diritto della lavoratrice, durante il
primo anno di vita del figlio, a due periodi di riposo di un?ora ciascuno, anche
cumulabili durante la giornata, quando l?orario lavorativo è superiore alle sei
ore; nel caso di orario giornaliero inferiore a sei ore, la disposizione prevede
invece una sola ora di riposo. La natura di tali riposi è chiarita dal comma 2
dello stesso articolo 39, che stabilisce che essi debbano essere "considerati
ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro".
Ciò premesso, codesto Istituto chiede di conoscere se in caso di una presenza
nella sede di lavoro pari a 5 ore e 12 minuti, dovuta alla fruizione - da parte
della lavoratrice - dei riposi giornalieri, si debba procedere a decurtare i 30
minuti della pausa pranzo, come se avesse effettivamente completato l?intero
orario giornaliero, atteso che i riposi in questione sono considerati dalla
legge ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro.
Per altro verso, si chiede altresì di conoscere se la dipendente abbia la
facoltà di rinunciare alla pausa pranzo e/o al buono pasto, al fine di non
vedere decurtate le ore considerate come lavoro effettivo.
In proposito, acquisito il parere del Dipartimento della Funzione Pubblica della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell?Ufficio legislativo di questo
Ministero, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, occorre considerare il regime delle pause lavorative.
L?articolo 8 del d.lgs. n. 66/2003 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e
2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro)
stabilisce che "Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei
ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e
la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del
recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto
anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.".
Come si evince dal dato letterale della disposizione appena riportata, la ratio
è quella di consentire al lavoratore che effettui una prestazione lavorativa
superiore a sei ore di recuperare le proprie energie psico-fisiche durante un
lasso temporale (intervallo), prestabilito dalla contrattazione collettiva. La
scelta stessa del termine "intervallo" da parte del legislatore del 2003 lascia
presupporre, da un punto di vista logico, la successiva ripresa dell?attività
lavorativa dopo la consumazione del pasto o la fruizione della pausa da parte
del lavoratore.
Le due disposizioni innanzi richiamate (art. 8 del d.lgs. n. 66/2003 e art. 39
del d.lgs. n. 151/2001) sono state concepite dal legislatore con scopi ben
distinti:
- l?articolo 39 è volto a favorire la conciliazione tra la vita professionale e
quella familiare, stabilendo nei confronti della lavoratrice madre il diritto ad
una o due ore di riposo giornaliero (a seconda della durata della giornata
lavorativa) per accudire il figlio, entro il primo anno di età. La norma non
specifica la collocazione temporale dei riposi, limitandosi a stabilire che,
qualora siano due, essi possano anche essere cumulati;
- l?articolo 8 relativo, più in generale, all?organizzazione dell?orario di
lavoro, stabilisce il diritto del lavoratore ad una pausa, finalizzata al
recupero delle energie e all?eventuale consumazione del pasto. Il dettato
normativo e la ratio della disposizione non sembrano lasciare dubbi in merito al
riferimento ad un?attività lavorativa effettivamente prestata, ben diversa dalla
fattispecie in esame in cui il legislatore, volendo comprensibilmente
riconoscere un favor alla lavoratrice madre, abbia inteso riconoscere le ore di
permesso ai fini retributivi e del rispetto dell?orario (normale) di lavoro.
Ciò premesso, un?analisi coordinata delle due disposizioni richiamate,
considerata la specifica funzione della pausa pranzo, che la legge definisce
come "intervallo", porta ad escludere che una presenza effettiva della
lavoratrice nella sede di lavoro pari a 5 ore e 12 minuti dia diritto alla pausa
ai sensi dell?articolo 8 del d.lgs. n. 66/2003.
Conseguentemente, non si dovrà procedere alla decurtazione dei 30 minuti della
pausa pranzo dal totale delle ore effettivamente lavorate dalla lavoratrice.
Il presente parere recepisce, peraltro, le indicazioni del Dipartimento della
Funzione Pubblica che, con nota del 10 ottobre 2012 (n. 40527), aveva già
fornito risposta all?ISTAT e all?ARAN evidenziando che "il diritto al buono
pasto sorge per il dipendente solo nell?ipotesi di attività lavorativa effettiva
dopo la pausa stessa".
Da ultimo, a puro titolo informativo, si fa presente che ad analoghe conclusioni
è giunta anche l?Agenzia delle Entrate che ha fornito, in data 21 gennaio 2013,
istruzioni ai fini della concessione del buono pasto ai propri dipendenti,
individuando come presupposti imprescindibili l?effettuazione della pausa e la
prosecuzione dell?attività lavorativa dopo la stessa.
Il Direttore Generale
Romolo de Camillis
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