Tribunale di Novara, Sez. Civ., n. 2125
Tribunale di Novara, Sez. Civ., 16 ottobre 2018, n. 2125 -
1. Con ricorso ex art. 1 co. 48 L. 92/2012, il sig. Ma.Ch. ha impugnato il
licenziamento intimatogli dalla società Co. S.p.A. con lettera del 9.1.2017, da
lui ricevuta l'11.1.2017 (sub doc. 46 ric.), per superamento del periodo di
comporto contrattualmente previsto dall'art. 175 del CCNL per i dipendenti da
aziende del terziario della distribuzione e dei servizi, chiedendo di accertare
l'imputabilità della sua malattia al comportamento della società datrice di
lavoro e la conseguente illegittimità del licenziamento, e di ordinare alla
convenuta di reintegrarlo nel posto di lavoro, con-dannandola al pagamento di
un'indennità risarcitoria compresa tra le 5 e le 12 mensilità dell'ultima
retribuzione globale di fatto, ai sensi dell'art. 1, c.7 e 4, L. 92/2012.
2. Il ricorrente non contesta il numero di giorni di assenza per malattia
effettuati, per come analiticamente indicati dalla società datrice di lavoro nel
prospetto allegato alla lettera di licenziamento (sub doc. 10 res.), pari
dall'11.1.2016 all'11.1.2017 a gg. 192 (cfr. doc. 10 bis res.), e superiore
quindi al periodo massimo di 180 giorni di assenza per malattia in un anno
solare, per cui aveva diritto, in base all'art. 175 del CCNL di riferimento,
alla conservazione del posto.
3. Adduce però di essersi assentato dal lavoro per la gravissima malattia
psichica che gli era derivata dal subito demansionamento operato in suo danno
dalla Co. S.p.A. subentrata prima come controllante, a partire dalla fine del
2015, e poi dal 1.7.2016 in forza di contratto di affitto dell'intero ramo
d'azienda avente ad oggetto l'attività commerciale del settore cd. tradizionale
esercitato nelle filiali operanti in Lombardia, cui egli era addetto, alla Ma.
S.p.A. alle cui dipendenze egli lavorava, come quadro, dal 1.10.2013, con
incarico, da dicembre 2014, di direttore vendite. Malattia che, in quanto
causata dalla condotta illegittima posta in essere dal datore di lavoro in suo
danno, comportava l'illegittimità del licenziamento motivato dal superamento del
periodo di comporto.
4. La società convenuta, costituitasi, ha resistito alle avverse pretese,
deducendo che parte ricorrente aveva prodotto soltanto cinque certificati medici
riferiti al periodo intercorrente dal 19.7.2016 alla cessazione del rapporto,
che non coprivano neanche l'intero periodo delle assenze richiamate nella
lettera di licenziamento per superamento del periodo di comporto che sarebbe
stato necessario produrre per documentare la diagnosi. Ha quindi contestato la
malattia psichica addotta e i giudizi medici riportati nei certificati di
malattia nella parte in cui ipotizzavano responsabilità aziendali in quanto
esprimenti valutazioni formulate sulla sola base di quanto riferito al medico
dal paziente. Ha sottolineato come l'onere di dimostrare la responsabilità
datoriale e il preteso nesso causale tra la patologia psichica lamentata e la
condotta datoriale doveva essere assolto dal lavoratore, in modo tanto più
rigoroso in un caso, come quello di cui si verteva, di malattia ad eziologia
multifattoriale come la depressione. Ha in ogni caso negato che vi fosse stato
demansionamento del Ch., soprattutto alla stregua dell'attuale formulazione
dell'art. 2103 c.c., successiva alle modifiche di cui al D.Lgs. 81/2015, in
vigore dal 25.6.2015, essendo il ricorrente rimasto adibito, per il pochissimo
tempo in cui aveva lavorato tra un periodo di assenza per malattia e l'altro, a
mansioni riconducibili allo stesso livello e alla stessa categoria legale di
inquadramento delle ultime svolte.
Ha ancora addotto che la pretesa responsabilità dell'azienda nella causazione
della malattia richiede la prova dell'antigiuridicità del comportamento
datoriale che va esclusa in assenza di violazione dell'art. 2103 c.c. e fatto
presente come, dal 1.7.2016, da quando cioè in forza del contratto di affitto
del ramo di azienda cui Ch. era adibito (sub doc. 49 ric.), questi era
transitato, ex art. 2112 c.c., alle dipendenze di essa Co. S.p.A. come da
lettera di assunzione (sub doc. 6 res.), lo stesso non avesse mai preso servizio
restando ininterrottamente assente, prima per malattia, fino al 7.12.2016,
quindi fruendo di ferie, richieste e concesse dalla Co., dal 9.12.2016 al
31.12.2016 (cfr. doc. 8) res.), e infine assentandosi di nuovo per malattia dal
2.1.2017 al licenziamento, per cui non aveva potuto avere neppure contezza
diretta del contenuto delle mansioni che gli sa-rebbero state assegnate presso
la società affittuaria.
In subordine, nel denegato caso di accoglimento del ricorso, la Co. ha chiesto
di applicare, in luogo della tutela di cui all'art. 18 c.7 e 4 L. 300/1970, la
tutela di cui all'art. 18, c.5, L. 300/1970, con detrazione dell'aliunde
perceptum e dell'aliunde percipiendum.
5. Svolta una sommaria attività istruttoria, sentiti quattro testi, due a scelta
per ciascuna parte, la causa è stata trattenuta a riserva.
6. La domanda, nei limiti della cognizione sommaria propri di tale fase, non può
trovare accoglimento per le ragioni che seguono.
7. Essendo pacifico che il ricorrente abbia effettuato, nell'arco di tempo
considerato nella lettera di licenziamento, un numero di assenze per malattia
(analiticamente indicate nel prospetto allegato alla lettera di licenziamento)
superiore al periodo di 180 giorni in un anno per cui aveva diritto alla
conservazione del posto di lavoro indicato dall'art. 175 CCNL di settore,
gravava sul lavoratore ricorrente allegare e provare che la malattia che aveva
determinato le assenze e quindi il superamento del periodo di comporto avesse
avuto causa, in tutto o in parte, nella nocività delle mansioni o dell'ambiente
di lavoro che lo stesso datore di lavoro aveva omesso di prevenire o eliminare,
in violazione dell'obbligo di sicurezza (art. 2087 cod. civ.) o di specifiche
norme, e quindi la responsabilità del datore di lavoro per violazione del
generale obbligo di protezione o di specifiche norme di legge (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 7946 del 07/04/2011 (Rv. 616546 - 01); Cass. n. 5006/2000; Cass. 12
giugno 1995 n. 6601; 14 giugno 1984 n. 3559).
8. Era perciò onere del lavoratore provare che l'infermità che ha dato causa
alle assenze che hanno comportato il superamento del periodo di comporto fosse
imputabile a responsabilità datoriale per una condotta antigiuridica
dell'azienda.
9. Secondo l'orientamento della Suprema Corte, infatti, non è sufficiente,
perché l'assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, che
si tratti di malattia professionale, meramente connessa cioè alla prestazione
lavorativa, ma è necessario che, in relazione a tale malattia, e alla sua
genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087
c.c. (Cass. 26307/2014; Cass. 10 aprile 1996, n. 3351; Cass. 25 marzo 2011, n.
7037).
10. Ciò in quanto, con riferimento alla disciplina legale del comporto per
malattia, va tenuto presente che le assenze del lavoratore dovute ad infortunio
sul lavoro o a malattia professionale sono riconducibili all'ampia e generale
nozione di "infortunio" o "malattia" contenuta nell'art. 2110 c.c.,
evidentemente comprensiva anche di dette specifiche categorie di impedimenti
dovuti a cause di lavoro, e sono, pertanto, normalmente computabili nel periodo
di conservazione del posto previsto nello stesso art. 2110, la cui
determinazione è da questa norma rimessa alla legge, alle norme collettive,
all'uso o all'equità. Le medesime assenze da infortunio sul lavoro o da malattia
professionale non sono, invece, idonee a far decorrere il periodo di comporto,
ne' dunque ad essere computate nel calcolo di tale periodo, soltanto allorquando
non solo abbiano avuto causa in fattori di nocività insiti nelle modalità
d'esercizio delle mansioni o comunque presenti nell'ambiente di lavoro, e siano
pertanto collegate allo svolgimento dell'attività lavorativa, ma quando il
datore di lavoro sia altresì responsabile di tale situazione nociva e dannosa,
per essere egli inadempiente all'obbligazione contrattuale a lui facente carico
ai sensi dell'art. 2087 c.c.. Soltanto, allorquando ricorra un tale
inadempimento del datore di lavoro, con violazione pertanto da parte sua
dell'obbligazione di tutelare (ex cit. art. 2087) le condizioni di lavoro del
dipendente, le assenze per malattia o per infortunio di quest'ultimo, che
abbiano origine e trovino causa in detto inadempimento, non possono essere
computate nel periodo di comporto, giacché in questo caso l'impossibilità della
prestazione lavorativa è imputabile al comportamento illecito della stessa parte
cui detta prestazione è destinata (cfr. Cass. 14 giugno 1984 n. 3559; 14 maggio
1994 n. 4723; 15 dicembre 1994 n. 10769; 12 giugno 1995 n. 6601).
11. Da ciò consegue che non è sufficiente, perché l'assenza per malattia possa
essere detratta dal periodo di comporto, che si tratti di malattia
professionale, meramente connessa cioè alla prestazione lavorativa, ma è
necessario che in relazione a tale malattia, e alla sua genesi, sussista una
responsabilità del datore di lavoro quanto meno ai sensi dell'art. 2087 c.c.
12. Va poi tenuto presente, sempre in punto di diritto, che, quando il
lavoratore allega un demansionamento riconducibile ad un inesatto adempimento
dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 c.c., è su
quest'ultimo che incombe l'onere di provare l'esatto adempimento del suo
obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto del de- mansionamento,
ovvero attraverso la prova che lo stesso fosse giustificato dal legittimo
esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari oppure, in base all'art.
1218 c.c., a causa di un'impossibilità della prestazione derivante da causa a
lui non imputabile (Cass. sez. L. 1169/2018; Sez. L, Sentenza n. 4211 del
03/03/2016 (Rv. 639195 - 01); Cass. Sez. L, Sentenza n. 4766 del 06/03/2006 (Rv.
587351 - 01).
13. Tanto premesso, passando al vaglio delle emergenze istruttorie in fatto,
alla stregua dei richiamati principi di diritto, risulta dai certificati di
malattia rilasciati dal medico di base prodotti dal lavoratore sub doc. 58) che
il Ch. si sia assentato:
- dall'11.1.2016 al 12.1.2016 per 2 gg. (non vi è produzione di certificato
medico)
- dal 7.4.2016 al 14.4.2016 per 8 giorni con diagnosi di "astenia ndd"; mentre
- dal 22.4.2016 al 29.4.2016 per 8 gg.
- dal 27.6.2016 al 15.7.2016 per 19 gg.
- dal 18.7.2016 al 5.8.2016 per 19 gg.
- dal 6.8.2016 al 2.9.2016 per 28 gg..
- dal 2.9.2016 al 14.10.2016 per 43 gg.
- dal 14.10.2016 al l'n.11.2016 per 29 gg.
- dall'11.11.2016 al 25.11.2016 per 14 gg.
- dal 25.11.2016 al 7.12.2016 per 13 gg. con diagnosi di "depressione reattiva";
per poi assentarsi per fruizione di ferie dal 9.12.2016 al 31.12.2016 (v. doc. 8
res.) su sua richiesta, e riassentarsi per malattia dal 2.1.2017 al 16.1.2017
per 15 gg., 9 fino al licenziamento dell'11.1.2016, con diagnosi di "sindrome
depressiva riacutizzata".
14. È documentalmente provato inoltre, che:
il ricorrente sia stato assunto da Ma. S.p.A. a decorrere dal 1.10.2013, con
qualifica di quadro ex CCNL terziario, distribuzione e servizi, e mansioni di
"Bu.Ar.", con sede di lavoro Fle- ro (cf. doc. 2 res.);
nell'organigramma del 2014 non era contemplato nella struttura direzionale della
Ma. (doc. 3 res.);
a far data dal 1.1.2015, gli veniva affidato, nell'ambito della struttura
commerciale Ma., il ruolo di direttore vendite con un aumento retributivo a
titolo di superminimo (v. lettera conferimento incarico, sub doc. 44 ric. e 4
res.);
in base all'organigramma Ma. del 2015 (sub doc. 5 res.), Ch., quale direttore
vendite, rispondeva gerarchicamente al dott. MU.RI., Direttore Commerciale, che,
a sua volta, riportava gerarchicamente al Direttore Generale, sig. Pi.Pa.
15. Emerge ancora, sempre dai documenti prodotti, ed è incontestato, che, a
decorrere dall'11.1.2016, la Co. S.p.A. abbia acquisito l'intero pacchetto
azionario della Ma. S.p.A. corrente in Trezzo sull'Adda, operante nel suo stesso
settore merceologico (cfr. visura camerale Ma., sub doc. 1 res.), per poi
affittare dalla Ma., con decorrenza dal 1.2.2016, il ramo d'azienda della
vendita all'ingrosso e al dettaglio di materiale elettrico nelle filiali
emiliane di Ferrara, Carpi, Modena, Lugo e Reggio Emilia, (cfr. contratto di
affitto di ramo d'azienda del 29.1.2016 sub doc. 48 ric.) e quindi, con
decorrenza dal 1.7.2016, l'intero ramo d'azienda relativo alle attività
commerciali, ad eccezione del reparto Grande Distribuzione Organizzata (cfr.
contratto di affitto di ramo d'azienda del 27.6.2016 sub doc. 49 ric.) e che
pertanto, il Ch. che era adibito a tale ramo, dal 1.7.2016 è passato alle
dipendenze della società affittuaria (cfr. doc. 45 ric. e 6 res.).
16. Come si evince dalla lettera di assunzione per trasferimento ex art. 2112
c.c., la subentrante Co.Fe. ha mantenuto al Ch. l'inquadramento di quadro e
mansioni di area vendite, ex CCNL terziario, indicando come sede di lavoro
Novara.
17. E' poi pacifico che il ricorrente, all'atto del passaggio del rapporto di
lavoro all'affittuaria, cioè al 1.7.2016, fosse già assente per malattia dal
27.6.2016, e non abbia mai preso servizio presso la stessa, essendo rimasto
assente fino al licenziamento.
18. Ora i certificati medici prodotti sub docc. 1-5 ric., danno atto di come lo
specialista dott. Ma., neurologo, che ha visitato il Ch. la prima volta il
19.7.2016, per come da lui stesso attestato nella relazione del 10.1.2017,
avrebbe riscontrato, in base all'anamnesi e alla valutazione del paziente, un
episodio depressivo maggiore, reattivo alle condizioni di lavoro (v. certificato
del 19.7.2016), persistente nonostante la terapia praticata. Nella relazione del
10.1.2017 (doc. 5 ric.), ultima certificazione medica prodotta, lo specialista
allude poi al preteso rilevante demansionamento, in ambito lavorativo,
riferitogli dal paziente, che lo stesso avrebbe subito, "a giudicare
dall'anamnesi", tra gennaio e giugno 2016.
19. Per quanto sopra detto però, in punto di diritto, pur essendo plausibile che
lo stato di depressione certificato al Ch. possa esser stato, quantomeno
concausalmente, determinato dalle mutate condizioni lavorative - non graditegli
- in cui lo stesso si è trovato ad operare dopo l'acquisizione del pacchetto
azionario della MA. da parte della Co., ciò non sarebbe comunque sufficiente ai
fini dell'affermazione dell'illegittimità del licenziamento per superamento del
comporto che richiederebbe la prova dell'antigiuridicità del comportamento della
società convenuta e quindi del dedotto demansionamento o comunque della
violazione degli obblighi di protezione gra-vanti sulla società datrice di
lavoro.
20. Prova che, quantomeno ad una cognizione sommaria rimessa a tale fase, non si
reputa raggiunta né per il periodo successivo al 1.7.2016, allorché la Co. era
effettivamente divenuta, ex art. 2112 c.c., datrice di lavoro del ricorrente,
non avendo questi mai preso servizio alle dirette dipendenze della stessa, né
per il periodo pregresso, decorrente dal gennaio 2016, cioè dall'acquisizione
del pacchetto azionario della Ma. S.p.A. allorché datrice di lavoro del Ch., era
ancora la Ma..
21. Quanto al dedotto demansionamento del Ch., che lamenta in ricorso di non
aver potuto più svolgere, da quando aveva avuto inizio il controllo della Co., i
compiti di direttore vendite che svolgeva in precedenza, in quanto l'azienda Ma.
era stata presidiata, fin dal 18.1.2016, da figure preposte dalla Co., e la
politica commerciale e le vendite erano state affidate, per la parte lombarda, a
tale Se.Da., con cui egli era stato costretto ad una degradante ed umiliante
collaborazione, dovendo a questi richiedere prezzi ed offerte che in precedenza,
come direttore vendite, determinava in piena autonomia e discrezionalità, e
quanto ancora alla sua omessa convocazione alle riunioni dei capifiliali, e
all'annullamento delle disposizioni da lui in precedenza impartite, si riporta
quanto emerso dalle deposizioni dei testi.
22. Va tuttavia in primo luogo dato atto di come parte resistente alleghi che la
Ma. aveva chiuso l'esercizio 2015 con perdite per Euro 9.000.000 e tale
circostanza è confermata dal teste Se.Da.. Anche il teste Sa.Ma., area manager
dell'area lodigiana e di Monza e Brianza per la Ma., transitato poi presso una
controllata Co., ha confermato che il bilancio di esercizio 2015 della Ma. si
chiuse con perdite che il teste Pi.Pa., ex direttore generale Ma., riferisce di
non sapere a quanto ammontassero ma di ricordare che l'A.D. ing. Ma. aveva
previsto per il 2015 per circa Euro 1.800.000.
23. Dopodiché il teste Sa.Ma., che aveva lavorato per la Ma. da luglio 2010 a
dicembre 2015, prima come assistente del direttore commerciale, Riccardo Ma., e
poi coordinando operativamente il territorio vendite e gli area manager, e
infine lavorando come area manager di due aree, la lodigiana e la Monza e
Brianza, riferisce che Ch., in Ma., espletava le sue mansioni di direttore
vendite riportando gerarchicamente al direttore commerciale Riccardo Ma., che
come da organigramma del dicembre 2015 (doc. 5 res.), riportava poi al direttore
generale Pa., al di sopra del quale vi era l'A.D.; che il direttore commerciale
era Riccardo Ma. che continuò ad esserlo anche quando stette molto male; che
egli, in Ma., come capoarea, riportava al suo regional manager che, per la
Lombardia, era En.An. che, a sua volta, riportava al direttore vendite, Ch..
Quanto al subentro della Co., il teste ha riferito che l'ufficializzazione della
cessione al gruppo Co.Fe. era stata data ai dipendenti Ma. da Al.Ma. nel
dicembre 2015; quindi c'era stato un incontro con la dirigenza della nuova
società che era venuta in sede già prima della fine dell'anno, dopodiché, a
gennaio, erano stati mandati in sede dalla Co., propri dipendenti con competenze
specifiche per capire come veniva gestita l'attività in Ma. per poi favorire
l'integrazione legata alla cessione.
Quanto al ruolo di Se.Da., il teste Sa. riferisce che lo stesso fu presentato
come responsabile di polo, cioè come un area manager del gruppo Co. e Fe. e che
venne in Ma. nel gennaio 2016, e questo, secondo lui, perché la Co. identificò
tre aree fondamentali: logistica, vendite e amministrazione, e inviò suoi
dipendenti per capire come venissero svolte le varie attività dalla Ma.. "Se.Da.
affiancò la struttura vendite esistente ma non sostituì Ch. nel ruolo;
Io continuavo a lavorare sul territorio relazionandomi con il mio regional area,
An., che si relazionava con la direzione vendite che era rimasta in capo a Ch..
Con Ch. e An. avevamo parlato dell'acquisizione da parte di una grande realtà
come la Co. come opportunità e lo stesso Ch. disse che andava agevolata; la Ma.
era in perdita a fine 2015, non so di quanto; la Co. che l'aveva acquisita ha
voluto capire, tramite persone qualificate sue, quali erano i processi interni
di gestione della Ma.; Se.Da. non ha fatto da direttore commerciale; Ch., prima
dell'acquisizione della Co., era il direttore vendite della Ma.; e per quanto ne
so io, rispetto alle sei filiali sul territorio lombardo di cui mi occupavo io,
Ch. ha continuato a fare da direttore vendite anche dopo; non c'è stata alcuna
comunicazione ufficiale di un cambio di ruolo né io l'ho percepito".
Il teste riferisce quindi che, per quanto di sua diretta percezione, rispetto
alle sei filiali lombarde di cui lui si occupava come area manager, aveva
continuato a fare riferimento al suo regional area, An. che, a sua volta, si
rapportava al Ch., direttore vendite, affiancato da Se.Da. che aveva il compito
di capire il funzionamento della Ma. ed agevolarne l'integrazione con la Co. in
vista del futuro affitto d'azienda.
24. Il teste Se.Da., capo area Piemonte Est per Co., ha riferito di esser stato
inviato da gennaio 2016 presso la sede della Ma. a Trezzo d'Adda,
dall'amministratore delegato di Co. e Fe., che aveva acquisito la Ma., come
coordinatore, per favorire l'integrazione della Ma. nella Co. e Fe. escludendo
di aver mai fatto da direttore vendite sostituendosi al Ch.. Il teste riferisce
che, per prima cosa, si occupò "di verificare se gli sconti ai clienti praticati
per le vendite consentivano in relazione agli extra che i fornitori facevano, un
margine di guadagno adeguato, e per conoscere la politica commerciale di Ma.
rispetto a quella di Co." in quanto la Ma., nel 2015, aveva perdite per Euro
9.000.000. Il teste Da. riferisce di esser stato mandato per coordinare
l'integrazione e comprendere la politica commerciale di Ma., di non aver svolto
incarico di direttore commerciale, limitandosi a riferire quanto rilevava
nell'ambito dell'incarico affidatogli al direttore commerciale della Co., sig.
Vi.St., e a quello della Ma., dott. Ri.Ma. Il teste ha aggiunto che Ch. era
sempre stato invitato a qualsiasi riunione informativa che lui aveva tenuto e
coordinato e che il ricorrente a qualche riunione era andato e ad altre no,
riferendo che lui invitava Ch. e gli altre tre area manager, e, a seconda degli
argomenti delle riunioni, a volte i capi filiale, a volte gli agenti, a volte
entrambi e che Ch. avrebbe dovuto continuare a fare il direttore vendite della
Ma., continuando a fare da riferimento ai venditori per le autorizzazioni per
gli sconti da praticare, oltre l'autonomia di ciascun venditore. Il Da. ha
aggiunto di non aver interagito direttamente con i venditori inizialmente ma
quando poi Ch. si era assentato per malattia, siccome vi era anche la fiera, i
vari agenti si erano poi rapportati a lui; di non aver mai detto alla forza
vendita di rivolgersi a lui, invece che a Ch., per autorizzazioni allo sconto,
che pure però aveva dato rapportandosi direttamente ai venditori quando Ch. si
era assentato per malattia, in quanto gli agenti si erano rivolti a lui, non
sapendo, in assenza di Ch., a chi rivolgersi; di aver sempre chiarito, con
tutti, che era presso Ma. per favorire il processo di integrazione delle due
aziende e di aver sempre invitato tutta la forza vendite interessata agli
incontri che aveva coordinato, compreso il sig. Ch., sia ad incontri con Vi. e
sia ad incontri per la fiera; De. invece ricevette il suo stesso incarico per
l'Emilia, cioè quello di coordinare le filiali Ma. emiliane che da febbraio
2016, sarebbero già diventate Co. e Fe.
25. Il teste indotto da parte ricorrente, Pi.Pa., direttore generale della Ma.,
licenziato per giusta causa dalla Co. in data 26.7.2016, come da documentazione
prodotta in data 10.7.2018 da parte convenuta, che ha, a sua volta, impugnato il
licenziamento definendo la vertenza con una conciliazione, ha in primo luogo
riferito di essersi assentato dal lavoro per malattia dal 18.1.2016 al luglio
2016 sicché non è mai stato presente in azienda per l'intero periodo cui si
riferiscono i fatti per cui è causa.
Dopo aver riferito circa il ruolo in concreto svolto dal Ch. in Ma., prima
dell'acquisizione da parte della Co., asserendo che questi aveva autonomia per i
prezzi, sui venditori, sulla scelta dei fornitori da inserire nella strategia
commerciale e decideva le strategie di vendita, il Pa., ha aggiunto che, già da
dicembre 2015, la Co. e Fe. aveva annunciato, insieme alla vecchia proprietà,
l'avvenuta acquisizione della Ma. facendo una riunione plenaria a Trezzo presso
la sede Ma.; dopodiché si erano presentate ed erano intervenute le figure di
primo livello della Co. sostituendosi di fatto ai ruoli di primo livello della
Ma.. Pur confermando che da gennaio 2016 si era assentato dall'azienda, il teste
ha riferito di sapere in merito a quanto accaduto dopo il 18.1.2016, soltanto
quanto riferitogli dai collaboratori e dai venditori con cui era rimasto in
contatto, in particolar modo di quelli dell'area Brescia, che gli avevano
confermato l'estromissione del Ch. dal suo ruolo perché, da gennaio 2016, con
una velocità incredibile, i contatti con la rete vendita e la direzione Co. li
aveva tenuti, per la zona lom-barda, Se.Da., e per l'Emilia non ricordava, forse
De. Tutti i primi livelli dell'azienda Co. si erano presentati già a dicembre
2015, tant'è che avevano gestito loro l'inventario della sede di Trezzo. Se.Da.,
riferisce il teste, formalmente avrebbe dovuto fare quanto riportato al cap. 32
della memoria Co., cioè svolgere funzioni di supporto e coordinamento
finalizzate ad agevolare il processo di integrazione e di comprensione delle
politiche commerciali con riferimento alle filiali lombarde, senza essere
investito di funzioni direttive sul personale Ma., e così fu presentato
dall'azienda, ma di fatto, da gennaio 2016, era invece intervenuto direttamente
sulla rete vendita dando indi-cazioni precise.
Il teste tuttavia, a precisa domanda dell'avvocato del ricorrente, in prova
contraria, sul cap. 34 della memoria, vertente su se Da. avesse sostituito o
meno Ch. nel ruolo di direttore vendite ha risposto di non essere in grado di
riferirlo, non essendo stato presente in azienda per l'intero periodo di
interesse e, interrogato sulle perdite di esercizio della Ma., ha soggiunto di
ritenere che Se.Da. si fosse occupato anche del rispetto dei parametri di
margine.
26. Infine, il teste An.Ba., indotto sempre da parte ricorrente, venditore
esterno della Ma., passato alle dipendenze della Co. e dimessosi a fine novembre
2016, uno dei due venditori menzionati nella mail del 16.5.2016 (sub doc. 13
res.) che Se.Da. aveva chiesto al Ch. di monitorare per via del fatturato
insoddisfacente generato, dopo aver descritto i compiti del Ch. in Ma., ha
riferito che lo stesso, dal 1.1.2016 non svolse più tali funzioni in quanto la
Co. e Fe., subentrata, gli affiancò il sig. Se.Da. che di fatto però poi lo
sostituì. Per dare contezza di tale affermazione il teste spiega che ad es., lui
stesso fu preso da parte dal Da. che gli chiese conto del non buon andamento
delle vendite del primo trimestre 2016, cosa di cui riteneva si sarebbe in
precedenza occupato Ch..
Il teste riferisce di un esautoramento del Ch. da parte di Se.Da., che avrebbe
cominciato a girare sulle filiali già da subito, senza però riferire nulla di
concreto al riguardo se non di una riunione organizzata in Emilia, già forse a
gennaio 2016, da tale Depaoli, capo area regionale della Co. e Fe., di cui però
dice aveva appreso solo de relato da Ma.Da. che era un capo filiale; riunione
cui sarebbero stati invitati, secondo l'informazione che gli fu data, i capi
filiali dell'Emilia e i venditori esterni e a cui non era stato invitato Ch.
Ba. riferisce che, dopo un periodo breve di disorientamento, Se.Da. aveva
soppiantato Ch., interfacciandosi direttamente col capo filiale Ma. che, a sua
volta, comunicava con i venditori; che un capoarea della zona di Bergamo, sig.
En.An. che sotto la Ma. era un capo area preposto ad alcune filiali che poi
riferiva al sig. Ch., come direttore vendite, diventò il referente per stabilire
eventuali prezzi particolari da praticare; cosa che, in precedenza, veniva
stabilita dai singoli capiarea e, su Brescia, dallo stesso Ch. che, oltre ad
essere direttore vendite faceva per Brescia anche da capoarea (nella mail sub
doc. 14 ric. si evince però che An. era regional manager e che continuava a
chiedere autorizzazioni al Ch., n. d.e.). Il teste afferma: "capimmo già a
gennaio che Ch. non era più coinvolto nelle dinamiche di vendita e che era in
atto un cambiamento organizzativo; tutti i capi filiale cominciarono a
rapportarsi agli uomini di Co. e Fe. già da gennaio, in base alle indicazioni
ricevute anche perché, nel commerciale, le condizioni di vendita devono essere
avallate dalla direzione vendite o dal capoarea e da quel momento dovemmo fare
riferimento a Se.Da." e riferisce che, da quanto a sua conoscenza, a Ch. venne
dato soltanto l'incarico a maggio di seguire lui e il capo filiale di Ro., che
faceva anche da venditore esterno, perché li affiancasse nelle visite ai
clienti. Ba. riferisce infine di aver avuto un incontro con il dott. Fe. nel
novembre 2016, quando cessò la sua collaborazione, nel corso del quale, gli fu
proposto di restare ma quando egli manifestò che sarebbe rimasto solo se avesse
potuto continuare a lavorare con Ch., Fe. gli avrebbe risposto che Ch. faceva
parte del passato.
27. Dall'insieme delle deposizioni orali riportate emerge, a parere di questo
giudice, in maniera convergente perciò quan-to riferito dal Se.Da. e cioè che
egli fu inviato da gennaio 2016 presso la sede della Ma. a Trezzo d'Adda,
dall'amministratore delegato di Co. e Fe., che aveva acquisito la Ma., come
coordinatore per favorire l'integrazione della Ma. nella Co. e Fe., con
l'incarico di verificare prima di tutto se gli sconti ai clienti praticati per
le vendite consentivano in relazione agli extra che i fornitori facevano, un
margine di guadagno adeguato, e per conoscere la politica commerciale di Ma.
rispetto a quella di Co. in quanto la Ma., nel 2015, aveva perdite ingenti,
parrebbe per Euro 9.000.000; di esser stato mandato per coordinare
l'integrazione e comprendere la politica commerciale di Ma., di non aver svolto
incarico di direttore commerciale, limitandosi a riferire quanto rilevava
nell'ambito dell'incarico affidatogli al direttore commerciale della Co., sig.
Vi.St., e a quello della Ma., dott. Riccardo Ma., mentre Ch. avrebbe dovuto
continuare a fare il direttore vendite della Ma., continuando a fare da
riferimento per i venditori per le autorizzazioni per gli sconti da praticare,
oltre l'autonomia di ciascun venditore.
28. Ciò trova conferma nella convergente deposizione del teste Sa.Ma., che ha
riferito che egli, come area manager rispetto alle sei filiali lombarde di cui
si occupava, aveva continuato a fare riferimento al suo regional area, An. che,
a sua volta, si rapportava al Ch., direttore vendite, affiancato da Se.Da. che
aveva il compito di capire il funzionamento della Ma. ed agevolarne
l'integrazione con la Co. in vista del futuro affitto d'azienda.
29. E trova, anche sia pur più sfumata, conferma nelle dichiarazioni del teste
Pa. che, benché assentatosi dall'azienda per l'intero periodo, ha confermato che
tutti i primi livelli dell'azienda Co. si erano presentati già a dicembre 2015 e
che Se.Da. formalmente avrebbe dovuto svolgere funzioni di supporto e
coordinamento finalizzate ad agevolare il processo di integrazione e di
comprensione delle politiche commerciali con riferimento alle filiali lombarde,
senza essere investito di funzioni direttive sul personale Ma., così come era
stato presentato dall'azienda, benché di fatto, da gennaio 2016, fosse poi
intervenuto direttamente sulla rete vendita dando indicazioni precise
occupandosi, presumeva, anche del rispetto dei parametri di margine.
30. Generiche, imprecise e poco circostanziate risultano invece le dichiarazioni
testimoniali rese dal Ba., molte delle quali de relato o comunque soltanto
affermate e non spiegate né contestualizzate.
31. Le dichiarazioni rese dai testi sul perdurante ruolo di raccordo e
coordinamento dei capi area e dei venditori della Ma., rimesso al Ch., trovano
inoltre conforto documentale anche nelle stesse mails prodotte da parte
ricorrente, come ad es. la mail sub doc. 13) del 20.1.2016 ore 10,33 in cui An.,
Regional Manager della Lombardia, chiede al Ch., suo sovraordinato, come
direttore vendite, indicazioni rispetto al prezzo praticabile per un'offerta al
cliente Ko. s.r.l. filiale di Liscate; la mail doc. 14) del 25.1.2016, ore
12,01, in cui, sempre An., Regional Manager della Lombardia, chiede al Ch., suo
sovraordi- nato, come direttore vendite, indicazioni rispetto ad un cliente
Imequadriduestelle; e ancora la mail sub doc. 12) del 21.1.2016, ore 9,18, con
cui Ca.Ri. della Ma., chiede a Ch. se possono allinearsi al prezzo della
concorrenza per un'offerta di cavi ad un cliente; e ancora la mail sub doc. 20)
del 13.5.2016 ore 14,22, in cui Al.Ga., referente punto vendita di Rovato,
chiede a Ch., suo sovraordinato, come direttore vendite, indicazioni su quale
prezzo e quale sconto poter praticare ad un cliente, e la mail sub doc. 22 del
16.5.2016 ore 14,29 in cui Ga. chiede ancora indicazioni, sempre a Ch., su quali
sconti praticare.
32. Il fatto che poi Ch., come risponde ad An. nella mail 20.1.2016 ore 10,39
(sub doc. 13 ric.), siccome erano condizioni "molto al limite con i margini e i
pagamenti", si sentisse più tranquillo a rispondergli dopo aver sentito anche il
parere di Se.Da. e di To. della Co. che aveva messo in copia, così come che
ritenesse di interpellare, a sua volta, Se.Da., anche nelle altre soprariferite
circostanze, sono elementi che riprovano come la nuova proprietà Co. volesse
favorire il processo di integrazione della realtà aziendale acquisita ed
evidentemente il rispetto di margini di vendita e condizioni che potessero
assicurare risultati di esercizio migliori rispetto alle perdite riportate dalla
Ma. nel 2015.
33. Pertanto, non si reputa che la condotta di un'azienda che, acquistato
l'intero pacchetto di una società operante nel suo stesso settore merceologico,
con importanti perdite di esercizio e passività, in procinto di affittarla in
un'ottica di continuità aziendale, invii proprio personale per capire le logiche
e le dinamiche della società acquisita, curare l'integrazione delle due aziende
e dare anche indicazioni su nuovi margini di vendita al fine evidentemente di
recuperare guadagno rispetto ad un esercizio in perdita, ma che lasci comunque
che Ch., fino all'affitto d'azienda, continui a fare da quadro e da direttore
vendite coordinando la forza vendite Ma., come in precedenza, sia pur
richiedendogli di coordinarsi, a sua volta, con il referente commerciale della
nuova proprietà Co., Se.Da., per riceverne indicazioni coerenti alle direttive
della stessa, possa concretare violazione dell'art. 2103 c.c., applicabile
ratione temporis nella fattispecie.
34. Ai sensi di tale norma, come modificata dal D.Lgs. 81/2015, il lavoratore
deve infatti essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a
quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente
acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale
di inquadramento delle ultime svolte. La riforma ha infatti privilegiato il
concetto di equivalenza formale delle mansioni, già propria del pubblico impiego
contrattualizzato (art. 52 D.Lgs. 165/2001), assegnando rilievo solo a tale
criterio, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai
contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto
acquisita dal lavoratore, per cui il giudice non deve sindacare in concreto la
natura equivalente della mansione, diversamente dal previgente norma dell'art.
2103 cod. civ., poiché, ai fini della valutazione del corretto esercizio dello
j'us variandi, non rileva l'equivalenza in concreto rispetto alle mansioni da
ultimo effettivamente svolte dal lavoratore, quanto che vi sia equivalenza
formale tra le mansioni nell'ambito della categoria legale e del livello di
inquadramento in base alla classificazione del c.c.n.l. di settore.
35. E siccome l'art. 107 del CCNL terziario (in estratto sub doc. 16 res.)
applicato al rapporto di lavoro per cui è causa prevede che appartengono alla
categoria dei quadri, i prestatori di lavoro, esclusi i dirigenti, che svolgono
con carattere continuativo funzioni direttive loro attribuite di rilevante
importanza per lo sviluppo e l'attuazione degli obiettivi dell'impresa
nell'ambito di strategie e programmi aziendali definiti, in organizzazioni di
adeguata dimensione e struttura anche decentrata e quindi abbiano poteri di
discrezionalità decisionale e responsabilità gestionali anche nella conduzione e
nel coordinamento di risorse e persone, in settori o servizi di particolare
complessità operativa, e siccome Ch., nei cinque mesi in cui ha prestato
servizio, ancora alle dipendenze Ma., ha continuato a ricoprire il ruolo di
direttore vendite, coordinando il personale che a lui faceva capo con
responsabilità gestionali e poteri di discrezionalità decisionale, sia pure, a
sua volta, coordinandosi con Se.Da. che fungeva da tramite tra la nuova
proprietà e l'azienda acquisita, si reputa che, nonostante la comprovata
limitazione di autonomia decisionale, scaturita dalla necessità di raccordarsi
con le politiche strategiche della subentrante Co., non sia configurabile un
demansionamento in danno del ricorrente.
36. Quanto invece all'addotto isolamento del ricorrente, le mails sub docc. 11)
del 23.3.2016, con cui Se.Da. invita Ch. all'incontro con il direttore
commerciale Co., sig. Vi., a Trezzo per il 1.4.2016 per un incontro a tre per
condividere insieme le attuali politiche aziendali, e sub doc. 12 del 29.3.2016,
indirizzata da Se.Da. a Ch. e a quattro capi area, per invitarli ad un incontro
con la Sc., riprovano quanto riferito dal teste Da. in ordine al fatto che egli
avesse sempre inoltrato al Ch. tutte le mails che potevano riguardarlo; la mail
sub doc. 13 res. del
16.5.2016, successiva all'incontro tenuto con l'A.D. di Co., Pa.Fe., e con il
direttore commerciale Co.Vi., dà atto di come venga richiesto al Ch. un supporto
sull'intero distretto di Brescia, di cui egli aveva maggior conoscenza come
territorio e persone su di esso operanti, per affrontare le situazioni di
maggiore criticità in termini di recupero del fatturato.
37. Invece la mancata ricezione della mail con cui De. avrebbe organizzato una
riunione per l'11.1.2016 con i venditori esterni dell'Emilia Romagna (sub docc.
8 e 9 ric.), non sembra così conferente, alla luce dei chiarimenti resi dal De.
allo stesso Ch. con mail del 5.1.2016 (sub doc, 14 res.), con cui in sostanza il
primo si scusava per il malinteso, dicendo che era sua intenzione soltanto
presentarsi al personale delle filiali che non aveva ancora conosciuto, e
invitava Ch. ad accompagnarlo a Casalecchio di Reno, se avesse voluto; mentre la
risposta seccata dell'ing. Fe. di cui alla mail 12.5.2016 (sub doc. 32 ric.),
all'ennesima rimostranza del Ch. circa la mancata informativa relativa a un
incontro con Ec. (v. mail sub doc. 31 ric.), con cui l'A.D. di Co. invitava Ch.
a "vivere di più l'azienda" dicendogli: "e vedrà che non solo avrà tutte le
informazioni necessarie, ma addirittura dato il Suo ruolo, le avrà prima degli
altri! (...). Non le sta bene che vi si abbia mandato tre dei nostri migliori
collaboratori per comprendere l'azienda, cominciare ad orientare le persone
verso l'imminente integrazione ed essere un tramite con gli amministratori e i
dirigenti della Co.Fe.? Mi perdoni ma io non ho più il tempo di correre dietro
ai suoi pretesti e alla Sua continua volontà di creare equivoci! La mia priorità
in questo momento è garantire un futuro ad oltre trecento famiglie e Lei non sta
collaborando per niente. Da.Se. è il tramite commerciale tra la MA. e il sig.
Vi. pertanto come più volte ribadito si interfacci con loro per ogni aspetto
organizzativo, per il resto se ha voglia di fare il suo mestiere non ha che da
cominciarlo a farlo. Mi aspetto al più presto fatti concreti", ribadisce
comunque, il ruolo e il compito di raccordo del Da. e la volontà dell'A.D. Co.
di coinvolgere Ch. nella nuova realtà aziendale.
38. I testi hanno poi smentito quanto dal Ch. lamentato circa l'estromissione
dai preparativi per la fiera del 2.3.2016 (cfr. dep. Se.Da. e Sa.).
39. Con riferimento invece al periodo successivo al 1.7.2016, allorché Ch. è
passato alle dipendenze dell'affittuaria Co.Fe., confermato come quadro e con
mansioni di area vendita, su
sede Novara (cfr. lettera di assunzione per trasferimento ex art. 2112 c.c., sub
doc. 6 res.), poiché il ricorrente era già assente dal 27.6.2016 e lo è rimasto
fino al licenziamento non rientrando mai in servizio, nessun demansionamento è
dimostrabile rispetto a tale periodo alle dirette dipendenze della Co. non
avendosi contezza neanche di quali mansioni gli sarebbero potute essere in
concreto assegnate.
40. Quanto infine al fatto che il nominativo del Ch. non compaia nella mail del
3.10.2016 (sub doc. 43 ric.) di assetto poli e filiali lombarde della Ma., né
tra i capi filiali né tra i capi polo, o che, come riferito dal teste Ba., nel
corso di un incontro nel novembre 2016, l'A.D. Fe. abbia potuto dirgli che Ch.
facesse ormai parte del passato, si reputa plausibile che la prolungata assenza
per malattia del ricorrente, che mai di fatto aveva preso servizio presso
l'affittuaria, avesse evidentemente comportato la necessità, in sua assenza, di
una determinata riorganizzazione delle filiali e dei poli, passibile comunque di
modifiche, così come la necessità per i venditori e per lo stesso Se.Da. di far
riferimento, in sua assenza, ad altre figure presenti in azienda.
41. In conclusione, non si reputa provato né un demansionamento nei termini
sopra esposti né un inadempimento di obblighi di protezione e prevenzione
datoriali imputabile alla Co., Fe. S.p.A. sicché, quand'anche la depressione
riportata dal Ch. sia stata, anche solo concausalmente, determinata dalle mutate
condizioni lavorative, cionondimeno le assenze per malattia non possono essere
scomputate dal comporto, sicché il licenziamento risulta legittimo.
42. Il ricorso va pertanto respinto.
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