Penale Sent. Sez. 4 Num. 27187 Anno 2019 Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: PICARDI FRANCESCA
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27187 Anno 2019 Presidente: IZZO FAUSTO Relatore:
PICARDI FRANCESCA Data Udienza: 17/04/2019
Fatto
1. La Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, ha dichiarato le attenuanti generiche prevalenti e ha ridotto la pena a
mesi 9 di reclusione, confermando la condanna di A.DB. per il reato di cui agli
artt. 40, 113, 589, primo e secondo comma, cod.pen., perché, in cooperazione
colposa con altri, nella veste di coordinatore per la progettazione ed
esecuzione dei lavori, per colpa consistita nel non aver verificato con le
opportune azioni di coordinamento e controllo l'applicazione da parte delle
imprese esecutrici delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e
coordinamento relative alla presenza di linee elettriche in cantiere e al
rischio di elettrocuzione e per non aver verificato l'idoneità del piano di
sicurezza operativo, non impediva la morte di L.DF., dipendente della Edil Group
di C.F., che restava folgorato per contatto - elettrocuzione con il cavo
mono-fase di servizio ad illuminazione privata della chiesa, dove si stavano
svolgendo i lavori - 26 settembre 2014.
2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo
del difensore, l'imputato A.DB. deducendo la contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione ed il travisamento della prova in ordine al
carattere abnorme della condotta del lavoratore, il quale anziché utilizzare la
scala d'accesso all'area di lavoro situata in prossimità dell'ingresso della
chiesa decideva di ricorrere ad un passaggio alternativo che prevedeva il
transito in un'area ove non erano previsti lavori e ove vi era la necessità di
scavalcare il ponteggio in un punto privo di idoneo passaggio, con il rischio di
contatto con il cavo in tensione e con un elevatissimo pericolo di caduta, in
quanto, come emerge dalle indicazioni dello Spisal e del consulente tecnico del
P.M. (in particolare dalla ricostruzione fenomenica indicata dall'ing.Al.), non
vi sono ipotesi alternative rispetto a quella del tentativo di scavalcamento
dell'asta del ponteggio, da parte di L.DF., per raggiungere l'altra struttura.
Secondo la prospettazione difensiva, l'evidente illogicità del ragionamento
della Corte consiste nel porre in rapporto causale diretto "l'usuale
praticabilità del piano di calpestio" del ponteggio con la condotta posta in
essere da L.DF., in quanto il sinistro non si è verificato nel corso del
semplice accesso al ponteggio, ma nel corso di un'operazione eccentrica,
imprevedibile ed abnorme posta in essere dal lavoratore e, cioè, nel corso dello
scavalcamento di una parte del ponteggio per raggiungere l'altro ponteggio
esistente - "tra tutte le operazioni esercitabili sull'impalcatura non era
ipotizzabile e prevedibile la condotta con la quale, contro ogni sensata logica,
il L.DF. intendeva oltrepassare volontariamente i traversi/parapetti/corrimano
di riparo e confinamento. Per attivare questo intento, il lavoratore ha dovuto,
peraltro, forzare una manovra estremamente complicata (e quindi intrinsecamente
pericolosa), del tutto innaturale, in equilibrio precario, aggrappandosi e
spingendo anche con tutto il peso del proprio corpo su un cavo posto al di fuori
del volume accessibile dai lavoratori".
Diritto
1. Il ricorso è destituito di fondamento.
2. Occorre premettere che il ricorrente si è limitato ad impugnare la sentenza
di appello limitatamente al punto concernente l'esclusione della condotta
abnorme del lavoratore, insistendo nel riproporre la tesi del tentato
scavalcamento del ponteggio da parte del lavoratore, che è stata esclusa dalla
Corte di appello con le seguenti argomentazioni: "sui motivi per i quali il L.DF.
si fosse trovato nel posto in cui è stato trovato dal direttore dei lavori V.
sono state avanzate solo delle ipotesi. Ed invero l'ipotesi che egli fosse
salito al terzo piano da terra non trova alcun spunto nelle dichiarazioni
rilasciate dal collega D.C. il quale riferisce "verso le ore 11,10, mentre io
terminavo di togliere la grondaia e di eseguire la pulizia dei solai, il collega
si recava sulla falda a nord della chiesa per finire la posa della barriera a
vapore", non essendovi alcun cenno al fatto che il L.DF. potesse essere sceso a
terra tramite la scala allestita accanto all'ingresso principale della chiesa,
per poi risalire dall'altro lato dove non era presente alcuna scala. Né il fatto
che fosse stato trovato a cavalcioni sulla transenna dimostra ex sé che volesse
scavalcarla per poi salire al piano superiore".
Nel ricorso si desume la contraddittorietà della motivazione della sentenza, in
quanto nella prima parte il giudice di appello, nella descrizione dello
svolgimento del primo grado di giudizio, ha richiamato la ricostruzione
ipotetica dei tecnici dello Spisal, secondo i quali il lavoratore stava
raggiungendo la postazione di lavoro seguendo un'altra traiettoria rispetto alla
scala d'accesso al ponteggio collocata nei pressi dell'ingresso della chiesa e
stava, quindi, cercando di scavalcare il ponteggio, facendola propria. Si
tratta, tuttavia, di una inesatta interpretazione della sentenza di appello,
atteso che, dopo la parte meramente descrittiva, in cui sono riportati tutti gli
atti del processo in modo puntuale e completo, il giudice dell'impugnazione ha
tratto le proprie conclusioni relativamente alla dinamica del sinistro,
discostandosi, senza alcuna contraddittorietà o manifesta illogicità, dalla
ricostruzione meramente ipotetica dei tecnici Spisal e da quella del consulente
della pubblica accusa, ritenute prive di riscontri probatori, e ha valorizzato
specifici elementi probatori, trascurati nel ricorso, consistenti nelle
dichiarazioni dell'altro lavoratore di D.C., già riportate, e del direttore dei
lavori V., "il quale ha riferito di aver trovato il L.DF. mentre stava
camminando lungo il ponteggio che, pertanto, era accessibile e normalmente
percorso dai lavoratori". In proposito occorre sottolineare che il ricorrente
non ha indicato alcuno specifico riscontro probatorio evidenziato dai tecnici
Spisal o dall'Ing. A., che possa effettivamente contraddire o rendere
manifestamente illogica la conclusione della Corte di appello, secondo cui si
tratta di mere ipotesi.
Del resto, va ricordato che, in tema di istruzione dibattimentale, quando per la
ricostruzione della eziologia dell'evento sia necessario svolgere indagini od
acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, il
giudice non può prescindere dall'apporto della perizia per avvalersi
direttamente di proprie, personali, specifiche competenze scientifiche e
tecniche, perché l'impiego della scienza privata costituisce una violazione del
principio del contraddittorio nell'iter" di acquisizione della prova e del
diritto delle parti di vedere applicato un metodo scientifico e di interloquire
sulla validità dello stesso (Sez. 4, n. 54795 del 13/07/2017 ud. - dep.
06/12/2017, Rv. 271668 - 01). Tuttavia, nel caso di specie, la Corte si è
discostata dalle ipotesi formulate dei tecnici della Spisal e del consulente
delle pubblica accusa non sulla base di cognizioni tecniche specialistiche, ma
semplicemente sulla base dell'esame dei luoghi e degli elementi di fatto a loro
disposizione, pervenendo a conclusioni diverse del tutto legittime alla luce del
principio del libero convincimento, fondate sull'analisi di tutti gli elementi
probatori raccolti.
A ciò si aggiunga che il giudice di appello ha sottolineato che "il ponteggio
non era protetto dalla rete nel lato interno dove passava tangenziale la linea
elettrica fino all'attacco sulla parete dell'edificio e verso la quale,
ragionevolmente, il L.DF., che ragionevolmente stava trasportando un cavo
arrotolato elettrico, poi trovato sul terreno in corrispondenza, si era sporto
per motivi che costituiscono oggetto di ipotesi" e che "è certo che il L.DF. non
ha cercato di aggirare la rete di protezione dato che in quel tratto di
ponteggio non era stata allestita". Su tali ulteriori argomentazioni - in
particolare sulla seconda - il ricorrente non si è in alcun modo soffermato.
In definitiva, tutta la censura formulata si fonda su una ipotetica
ricostruzione della dinamica del sinistro, che è stata respinta dal giudice
dell'impugnazione con una motivazione nient'affatto contraddittoria ed illogica.
Peraltro, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di
legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente
plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli
adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 ud., dep.
27/11/2015, rv. 265482). Nel caso di specie, è, dunque, precluso sostituire alla
ricostruzione dei giudici di merito, secondo cui il sinistro si è verificato
mentre il lavoratore, intento a lavorare sul ponteggi, si è sporto, laddove non
c'era rete di protezione, ed è venuto a contatto con il cavo elettrico non
protetto, con quella suggerita dal ricorrente.
3. Per mera completezza deve evidenziarsi che, in tema di infortuni sul lavoro,
la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei
lavori ha ad oggetto il rischio per l'ipotesi in cui i lavori contemplino
l'opera, anche non in concomitanza, di più imprese o lavoratori autonomi le cui
attività siano suscettibili di sovrapposizione od interferenza (Sez. 4, n. 34869
del 12/04/2017 ud. - dep. 17/07/2017, Rv. 270756 - 01) e che la condotta
contestata e accertata è riconducibile alla funzione di alta vigilanza che grava
sul coordinatore, riferita anche sul rischio che deriva dall?interferenza delle
imprese con un determinato luogo di lavoro.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
|