Penale Sent. Sez. 4 Num. 27786 Anno 2019 Presidente: MONTAGNI ANDREA Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27786 Anno 2019 Presidente: MONTAGNI ANDREA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 18/04/2019
Fatto
1. Con sentenza del 18.10.2018 la Corte di appello di Torino ha confermato la
sentenza di primo grado che ha dichiarato la responsabilità di M.M., quale
amministratore unico della ditta Hydroedile S.p.a, in relazione alle lesioni
colpose cagionate al dipendente C.D., mentre questi stava operando su un
macchinario privo del grigliato di protezione di cui originariamente era dotato:
il lavoratore, durante le operazioni di pulizia, aveva inavvertitamente
introdotto una mano all'interno del serbatoio ove erano in funzione gli organi
lavoratori e si era procurato le lesioni di cui alla documentazione medica in
atti, dalle quali derivava una malattia della durata di 137 giorni ed un
indebolimento permanente dell'organo della prensione.
Al M.M. è stato addebitato, quale responsabile della ditta e datore di lavoro,
la totale assenza di attenzione, vigilanza e controllo sulle modalità di
gestione del cantiere dove è avvenuto l'infortunio e sul rispetto delle cautele
antinfortunistiche.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del M.M.,
lamentando quanto segue.
I) Vizio di motivazione in ordine alla prova dello specifico profilo di colpa
addebitato.
Deduce l'assenza di motivazione in punto di prova della conoscenza da parte
dell'imputato della situazione di pericolo in cui operava il proprio dipendente.
Risulta accertato che il lavoratore aveva segnalato la mancanza della griglia di
protezione ai due geometri capocantiere B. e C., ma costoro gli avevano detto di
lavorare ugualmente, raccomandandogli di fare attenzione. Secondo la Corte
territoriale ciò non muta la posizione di responsabilità del M.M., ma il
ricorrente ritiene illogica tale soluzione, in quanto delle due l'una: o
all'origine dell'infortunio vi è stata una direttiva puntuale e specifica del
capocantiere ad operare non in sicurezza di cui l'imputato non era al corrente,
oppure la direttiva di lavorare non in sicurezza è stata data o avallata dallo
stesso imputato, ma di tutto questo non è stato dato conto nella sentenza
impugnata. La Corte non spiega come la presenza dei preposti capocantiere, di
fatto delegati in materia di sicurezza, si concili con la ipotizzata
responsabilità del M.M..
II) Omessa motivazione sulla denunciata interruzione del nesso di causa tra la
condotta imputata al M.M. e l'infortunio verificatosi in conseguenza della
condotta del capocantiere C., il quale aveva invitato l'infortunato a lavorare
ugualmente nonostante la mancanza della griglia di protezione, circostanza atta
ad interrompere qualunque nesso di causalità tra l'addebito in astratto
imputabile al M.M. e l'evento lesivo.
III) Omessa motivazione in merito al giudizio prognostico sotteso alla mancata
concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
3. Con memoria depositata il 20.3.2019 la parte civile Inail ribatte ai primi
due motivi prospettati nel ricorso e ne chiede il rigetto.
4. Con nota pervenuta il 16.4.2019 il ricorrente ha prodotto verbale di
remissione di querela della persona offesa e contestuale accettazione
dell'imputato, nonché dichiarazione attestante l'intervenuto pagamento da parte
del prevenuto dell'importo per cui vi è stata condanna a titolo di provvisionale
e delle spese di lite in favore della parte civile costituita.
Diritto
1. Si deve preliminarmente osservare che la intervenuta remissione di querela
della persona offesa non rileva ai fini della eventuale declaratoria di
estinzione del reato in contestazione, che riguarda lesioni gravissime per le
quali è prevista la procedibilità d'ufficio.
Va, inoltre, precisato, che nel caso non è ancora maturato il termine massimo di
prescrizione del reato, pari a sette anni e sei mesi dal fatto (commesso il
23.5.2011), cui devono essere aggiunti 167 giorni di sospensione ex art. 161
cod. pen., per cui il detto termine scadrà in data successiva all'udienza di
trattazione del presente procedimento (segnatamente il 10.5.2019).
2. I motivi dedotti in ricorso sono privi di pregio.
3. Il primo motivo deduce un vizio di motivazione in realtà insussistente.
Trattandosi, nella specie, di una c.d. doppia conforme di condanna, la lettura
combinata delle motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado consente
di apprezzare la sussistenza di un apparato argomentativo logico-giuridico che
sfugge ai rilievi prospettati dal ricorrente.
Infatti, diversamente da quanto osservato dalla difesa del M.M., la sentenza di
appello evidenzia, succintamente ma chiaramente, l'omessa vigilanza e controllo
da parte del datore di lavoro in un cantiere in cui da tempo era in funzione il
macchinario incriminato, al quale era stato rimosso il dispositivo di protezione
per esigenze di funzionalità. Dal tenore della motivazione si comprende che tale
situazione pericolosa era stata avallata dal datore di lavoro il quale, pur
garante della sicurezza, nulla aveva fatto per porvi rimedio (salvo sostenere
che la griglia fosse stata rimossa dal capocantiere poco prima dell'infortunio,
circostanza che però non risulta accertato in fatto).
La sentenza di primo grado, al riguardo, fornisce una ricostruzione congrua e
non manifestamente illogica della situazione, come tale insindacabile dalla
Corte di cassazione, laddove evidenzia che al momento dell'infortunio, così come
nei giorni precedenti, la griglia di protezione non era installata e, questo,
nonostante le reiterate lamentele del C.D. avanzate nei confronti del
capocantiere C.. Da tali premesse, il giudicante ha tratto una plausibile e
corretta attribuzione di responsabilità per l'evento occorso nei confronti del
M.M., osservando che nessun capocantiere avrebbe agito in tal modo all'insaputa
del datore di lavoro, rischiando il posto di lavoro in quanto artefice di
illeciti imputabili allo stesso datore di lavoro, commessi senza che il
superiore gerarchico nulla sapesse, con la conseguenza che la scelta di fare
lavorare il C.D. in quelle condizioni doveva essere stata comunque tollerata o
condivisa con il titolare della ditta. Del resto - ha significativamente
aggiunto il giudice di merito - non risulta che il M.M. avesse delegato ad altri
il controllo dei macchinari utilizzati dai dipendenti, per cui la loro costante
verifica di conformità alla normativa prevenzionistica era rimessa alla
esclusiva competenza del medesimo.
Da questo punto di vista, la decisione adottata non costituisce un'alternativa
fra due distinte condotte colpose, come prospettato dal ricorrente, atteso che,
anche ammesso che la griglia fosse stata materialmente rimossa dal capocantiere,
è stato congruamente e logicamente ritenuto che ciò sia stato "tollerato", non
vigilato, o comunque avallato dal datore di lavoro, per cui il profilo di colpa
omissivo addebitato al M.M. è sempre lo stesso, ed attiene alla sua colpevole
inerzia rispetto ad una conosciuta (o comunque conoscibile) situazione di
pericolo, in quanto presente da diverso tempo nel cantiere ove si è verificato
l'infortunio.
4. Le superiori considerazioni valgono a ritenere infondato anche il secondo
motivo di ricorso in tema di nesso di causalità.
E' infatti evidente che, indipendentemente da chi abbia materialmente rimosso la
griglia dal macchinario, la colpevole omissione del datore di lavoro, nel senso
dianzi prospettato, ha contribuito causalmente all'evento, proprio perché se il
datore di lavoro fosse diligentemente intervenuto, disponendo per il ripristino
della griglia di protezione, l'evento non si sarebbe realizzato.
5. Il terzo motivo, in tema di mancata concessione del beneficio della
sospensione condizionale della pena, non può trovare accoglimento.
Sul punto, la Corte di merito ha motivatamente richiamato, in senso ostativo, i
precedenti penali specifici a carico dell'imputato, uno dei quali già sospeso ai
sensi dell'art. 163 cod. pen.
Si tratta di argomentazione logica e priva di arbitrarietà, in linea con il
costante principio affermato da questa Corte di legittimità secondo cui, in tema
di sospensione condizionale della pena, il giudice di merito, nel valutare la
concedibilità del beneficio, non ha l?obbligo di prendere in esame tutti gli
elementi richiamati nell'art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare
quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo alla sospensione (Sez. 5, n.
57704 del 14/09/2017, P, Rv. 27208701).
6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile
Inail, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile
Inail che si liquidano in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per
legge.
Così deciso il 18 aprile 2019
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