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Quesito:
Al fine della elaborazione del Piano di Emergenza
Esterna, nell?ambito dell'analisi di rischio, per la
definizione di un'area di danno derivante dalla
dispersione di una nube tossica, è corretto non
rappresentare la distanza di danno se il livello di
concentrazione della soglia di riferimento (LC50,
IDLH o LoC) non viene raggiunto alla quota assunta
per la valutazione degli effetti tossici per l?uomo?
Presentazione/argomentazione della problematica:
Nell?ambito delle attività di definizione dei Piani
di Emergenza Esterna, dall?esame di alcuni Rapporti
di Sicurezza, si è evidenziato che, per alcuni
generici scenari incidentali appartenenti alla
tipologia ?rilascio di sostanza tossica e
diffusione?, il livello soglia (LC50 o IDLH o LoC)
non verrebbe mai raggiunto alla quota presa a
riferimento e, pertanto, la distanza di danno
corrispondente risulterebbe pari a zero, come
rappresentato nella tabella seguente con riferimento
alla soglia di ?elevata letalità? (in condizione
meteo F2) per un caso specifico di analisi di
rischio relativa ad uno stabilimento nazionale.

Per quanto
chiarito dal Gestore, ciò è dovuto al fatto che le
conseguenze del rilascio di una nube tossica,
rappresentate nelle immagini di seguito, in viola,
per il caso del rilascio di ossido di etilene (prime
due figure) e di formaldeide (terza figura), a
concentrazioni pari o superiori alla soglia di
riferimento, benché siano state valutate, si
trovano ad una quota inferiore o superiore rispetto
a quella presa a riferimento per gli effetti tossici
per l'uomo, assunta dal Gestore stesso pari a 1,70 m
dal suolo (linea verde orizzontale z in fig. 5).
Tale approccio viene utilizzato per rappresentare e
definire, in generale, le estensioni delle aree di
danno, lasciando come riferimento sempre la quota di
1.70 m.

Partendo dal presupposto che la modellazione degli
scenari incidentali prevede una serie di valutazioni
preliminari determinanti per la definizione
dell'estensione del fenomeno (es. definizione del
termine sorgente, durata del rilascio, ecc.), si è
esaminata la specifica questione dell'altezza di
riferimento del recettore per la valutazione delle
concentrazioni limite che determinano le estensioni
delle aree di danno (LC50, IDLH, LoC).
La documentazione fornita dal gestore non motiva
l?adozione del valore di 1,70 m, se non nei termini
di ?quota di riferimento per la valutazione degli
effetti tossici per l?uomo?.
Da un'analisi della letteratura scientifica in
materia, non vi è evidenza di un valore univoco o
sulle modalità di calcolo di tale valore. Si
riportano di seguito alcune assunzioni, nell'ambito
di pubblicazioni scientifiche di settore:
? Process Safety and Environmental Protection 88
(2010) 253?262: l'approccio fa riferimento a valori
medi legati all'altezza dell?uomo definita come ?breathing
zone? pari a 1.47 m (studio relativo alla
popolazione cinese);
? Lovreglio et al. / Journal of Hazardous Materials
318 (2016) 758?771: "The concentrations of NO2
released from the ship have been calculated in a
horizontal plane, set at 1.6 m height, as
illustrated in Fig. 4b. This plane represents the
closest one to the position of the nose and mouth of
the evacuees";
? Journal of Loss Prevention in the Process
Industries 50 (2017) 283?289: "The 10 ppm(v) H2S
contours at nose height (~1.5 m) for 3/D and
3/F are essentially mutually exclusive domains for
point detectors".
In altri casi ancora è emerso che, senza fornire
alcuna giustificazione, sono state adottate, dai
Gestori, quote differenti (es. 0, 1 e 2 metri).
Risposta:
Considerato che, allo stato attuale, la norma non
identifica un valore dell'altezza del recettore per
la definizione delle aree di danno, si ritiene
opportuno considerare, cautelativamente, per le sole
finalità volte alla predisposizione dei PEE, l'area
di danno di maggiore estensione fino all'altezza del
suolo, ottenuta mediante una proiezione a terra
(quota zero) del valore di concentrazione massimo.
Ai fini della predisposizione dei PEE si ritiene sia
opportuno considerare adeguatamente, oltre agli
esiti delle valutazioni di sicurezza, anche elementi
quali le caratteristiche del sito dello stabilimento
e le eventuali peculiarità delle aree potenzialmente
impattate dagli eventi considerati con particolare
riferimento alla presenza di elementi territoriali e
ambientali sensibili.
Su tali basi si procederà, secondo il principio di
cautela, alla determinazione delle zone a rischio
per il PEE.
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