Civile Ord. Sez. 6 Num. 2442 Anno 2019 Presidente: ESPOSITO LUCIA Relatore: FERNANDES GIULIO
Civile Ord. Sez. 6 Num. 2442 Anno 2019 Presidente: ESPOSITO LUCIA Relatore:
FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 29/01/2019
Rilevato
che, con sentenza del 21 marzo 2017, la Corte d'Appello di Milano confermava la
decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da A.N.DO. nei
confronti dell'INAIL ed intesa al riconoscimento della rendita per i postumi
derivati dall'infortunio sul lavoro occorsole in data 20 marzo 2001;
che, ad avviso della Corte territoriale, correttamente il primo giudice aveva
ritenuto prescritto il diritto della lavoratrice in quanto nessuna richiesta era
stata rivolta all'INAIL fino alla data del 24 novembre 2010 sicché era decorso
il termine triennale di prescrizione previsto dall'art. 112 del T.U. 30 giugno
1965 n. 1124, non potendosi condividere l'assunto dell'appellante secondo cui
l'attività giudiziale svolta dalla A.N.DO. - descritta e documentata - avrebbe
dovuto avere un effetto interruttivo del detto termine prescrizionale
trattandosi di attività rivolta nei confronti del datore di lavoro ed alla quale
l'istituto era rimasta del tutto estraneo ed in considerazione del fatto che i
postumi derivati dall'infortunio (schiacciamento di una mano) si erano
manifestati già nel 2001 e si erano stabilizzati, al più tardi, 100 giorni dopo
il detto infortunio; che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la
A.N.DO. affidato ad otto motivi cui resiste l'INAIL con controricorso; che è
stata depositata proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380- bis cod. proc.
civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione
dell'adunanza in camera di consiglio;
che la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui
dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l'accoglimento del ricorso;
Considerato
che con gli otto motivi di ricorso si deduce:
- con i primi tre, violazione e falsa applicazione del d.P.R. 30 giugno 1965 n.
1124 ( in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) perché era
errato ritenere decorso il termine di prescrizione triennale dal momento che,
solo all'esito di un lungo iter processuale e con sentenza del Tribunale di
Milano n.4402/2010 del 28 ottobre 2010 (passata in giudicato il 28 ottobre
2011), era stata accertata la responsabilità della società datrice di lavoro
della A.N.DO. nella causazione del sinistro del 20 marzo 2001 ed il ricorso
introduttivo del presente giudizio era stato depositato il 13 dicembre 2013 (
primo e terzo motivo), inoltre la Corte territoriale non aveva tenuto conto
degli atti stragiudiziali interrottivi della prescrizione posti in essere dalla
lavoratrice nei confronti dell'INAIL (secondo motivo);
- con il quarto, omesso esame circa un fatto decisivo per la decisione (in
relazione all'art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ.) non avendo il giudice
del gravame rilevato che la prestazione richiesta all'INAIL era quella di cui
alla sentenza n. 4402/2010 ove venivano specificate le voci di calcolo
dell'indennizzo poi richiesto all'istituto;
- con il quinto, violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 cod. civ. (in
relazione all'art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) per avere l'impugnata
sentenza affermato che era pacifico che l'INAIL non era stato convenuto dalla
A.N.DO. in alcuno dei giudizi dalla stessa promossi per ottenere il risarcimento
del danno senza fornire alcuna spiegazione di tale assunto né precisando se ed
in qual modo tale circostanza avesse connotato negativamente tutto l'iter
processuale;
- col sesto ed il settimo omesso esame circa un fatto decisivo per la decisione
( in relazione all'art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ.) non avendo il
giudice del gravame rilevato che la A.N.DO. aveva avuto la percezione della
malattia e contezza dei postumi invalidanti residuati a seguito dell'infortunio
solo a seguito della sentenza n. 4402/2010 (sesto motivo) e che se i postumi si
erano stabilizzati nel 2001 era pur vero che era stato dedotto un peggioramento
degli stessi di cui la Corte territoriale non aveva tenuto conto ( settimo
motivo);
- con l'ottavo la nullità della sentenza ( in relazione all'art. 360, primo
comma, n.4, cod. proc. civ.) per avere la Corte d'appello semplicemente
ritrascritto il contenuto della decisione impugnata senza tenere in alcun conto
delle censure alla stessa mosse e senza chiarire le ragioni per le quali aveva
ritenuto di confermarla; che tutti i motivi, da trattare congiuntamente, sono da
rigettare in quanto non considerano il dato oggettivo - evidenziato nella
impugnata sentenza - che l'INAIL è rimasto del tutto estraneo all'attività
processuale svolta dalla A.N.DO. nei confronti della sua datrice di lavoro
conclusasi con la sentenza del Tribunale di Milano n. 4402/2010 e proseguita
infruttuosamente in sede esecutiva, ragion per cui detta attività non ha avuto
alcun rilievo ai fini interruttivi del termine triennale di prescrizione nei
confronti dell'istituto. Peraltro, la Corte territoriale ha anche precisato che
non è stato prodotto alcun valido atto interruttivo della prescrizione posto in
essere medio tempore dal momento del verificarsi dell'infortunio sul lavoro (il
20 marzo 2001 e consistito nello schiacciamento di una mano) o da quando i
postumi dallo stesso derivati si erano stabilizzati ed erano chiaramente
percepibili (al più tardi 100 giorni dopo l'infortunio trattandosi di difficoltà
di movimento della mano interessata dallo schiacciamento) e la data della
domanda amministrativa (il 24 novembre 2010). Quanto al motivo di ricorso ( il
secondo) in cui si fa riferimento ad atti idonei ad interrompere la prescrizione
posti in essere dalla lavoratrice lo stesso è privo di specificità limitandosi
ad indicarli genericamente senza specificare quando sarebbero stati posti in
essere, il loro contenuto e quando e dove sarebbero stati prodotti in giudizio.
Infine, con riferimento al momento in cui la A.N.DO. avrebbe avuto percezione
delle conseguenze dell'Infortunio, il giudice del gravame, con una valutazione
di merito corretta ed adeguatamente motivata non censurabile in questa sede, ha
ritenuto che la stessa era collocabile, al più tardi, a cento giorni dopo
l'infortunio facendo corretta applicazione del principio affermato da questa
Corte secondo cui << La manifestazione della malattia professionale, rilevante
quale "dies a quo" per la decorrenza del termine triennale di prescrizione di
cui all'art. 112 del d.p.r. n. 1124 del 1965, può ritenersi verificata quando
sussiste la oggettiva possibilità che l'esistenza della malattia, ed i suoi
caratteri di professionalità ed indennizzabilità, siano conoscibili in base alle
conoscenze scientifiche del momento, senza che rilevi il grado di conoscenze e
di cultura del soggetto interessato. >> (Cass. n. 598 del 15/01/2016; Cass. n.
2285 del 31/01/2013, ex multis);
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate
come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'alt. 13,
comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale
disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30
gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n.
10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente
giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi
professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente
dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2018
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