Cassazione Civile, Sez. Lav., 30 novembre 2018, n. 31084
Presidente Manna ? Relatore Pagetta
Fatto
1. che la Corte d?appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, ha condannato Bennet s.p.a. al pagamento in favore di G.P. della somma di
Euro 9.889,64, oltre accessori, a titolo di compenso del cd. tempo divisa; ha
confermato il rigetto delle ulteriori domande con le quali il lavoratore aveva
chiesto la condanna della società al pagamento del compenso relativo al tempo
occorrente per recarsi dall?orologio marcatempo alla postazione di lavoro e
viceversa, di somme collegate alla fruizione, oltre il sesto giorno, del riposo
settimanale, di somme a titolo di risarcimento del danno da demansionamento e "mobbing";
ha confermato il rigetto della domanda riconvenzionale con la quale la società
aveva chiesto la condanna del G. al risarcimento del danno per la condotta
asseritamente diffamatoria tenuta dal dipendente; ha compensato le spese di
lite.
1.1. che, per quel che ancora rileva, la conferma della statuizione di rigetto
della domanda relativa al tempo impiegato per recarsi dall?orologio marcatempo
alla postazione di lavoro, all?inizio del turno e viceversa, è stata fondata
sulla considerazione che la prova orale aveva escluso il carattere obbligatorio
di tale anticipazione la quale, pertanto, andava ricondotta al concetto di
diligenza preparatoria all?adempimento della obbligazione principale,
conseguendone la esclusione del diritto a un corrispettivo economico; la
conferma della statuizione di rigetto della domanda connessa alla prestazione
lavorativa effettuata oltre il sesto giorno, è stata fondata sulla
considerazione che per l?attività prestata nel giorno di domenica il G. aveva
percepito, in conformità del contratto collettivo, le relative maggiorazioni e
goduto del prescritto riposo compensativo, di talché, al fine del riconoscimento
della pretesa avanzata a riguardo, occorreva la dimostrazione - in concreto non
offerta - che l?articolazione dei riposi aveva determinato un danno ulteriore
rispetto a quello remunerato con le maggiorazioni corrisposte; la conferma della
statuizione di rigetto della domanda riconvenzionale è stata fondata sulla
considerazione che le frasi asseritamente offensive attribuite al G. , per la
loro genericità, si risolvevano in una mera manifestazione di dissenso,
espressione del diritto di critica, insuscettibile di determinare una lesione
all?immagine della società;
1.2. che in considerazione dell?esito finale del giudizio è stata ritenuta equa
la compensazione delle spese del grado tra le parti;
2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G.P. sulla base di
tre motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e
ricorso incidentale affidato ad un unico motivo al quale ha resistito con
controricorso il ricorrente principale;
3. che entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell?art. 380-bis.1.
cod. proc. civ.;
Diritto
1. che con il primo motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione dell?art. 36 Cost. e dell?art. 1374 cod. civ.
nonché della contrattazione collettiva applicabile, censurando la sentenza
impugnata per avere respinto la pretesa connessa al lavoro prestato oltre il
sesto giorno consecutivo.
Premesso di non avere fruito, per il lavoro oltre il sesto giorno continuativo
attestato dalla richiamata documentazione INAIL, di alcuna ulteriore
attribuzione oltre al riposo compensativo ed alla maggiorazione per lavoro
domenicale, maggiorazione concettualmente distinta da quella destinata a
remunerare l?attività prestata oltre il sesto giorno, assume che, per come
pacifico, la contrattazione collettiva applicabile aveva previsto una
maggiorazione del 30% della paga oraria per il solo lavoro domenicale ma non
specifiche forme di remunerazione del lavoro prestato oltre il sesto giorno
consecutivo; in questa prospettiva deduce che, ai sensi dell?art. 36 Cost e
dell?art. 1374 cod. civ., doveva essergli riconosciuto un ulteriore compenso a
tale titolo; assume, inoltre, che al di là della qualificazione del compenso
quale retribuzione piuttosto che come indennizzo/risarcimento del danno da usura
psico - fisica, la prova del pregiudizio sofferto sussisteva in re ipsa per il
solo fatto della fruizione del riposo oltre il sesto giorno consecutivo di
lavoro;
2. che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell?art. 1,
comma 2, lett. a) d. lgs 08/04/2003 n. 66, dell?art.2099 cod. civ. e dell?art.
36 Cost. censurando il rigetto della domanda di condanna di controparte al
pagamento, quale tempo lavoro, del tempo decorrente dalla timbratura del
cartellino fino al raggiungimento della postazione di lavoro ad inizio del
turno. Critica la sentenza impugnata per non avere considerato il carattere
obbligatorio, alla stregua della prova orale, della timbratura del cartellino
quattordici minuti prima dell?inizio del turno e la prassi aziendale che prevede
la retribuzione del lavoro supplementare o straordinario solo a partire dal 15
minuto;
3. che con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione
dell?art. 91 cod. proc. civ. censurando la sentenza impugnata per avere
integralmente compensato le spese di lite pur in presenza di accoglimento
parziale della domanda;
4. che con l?unico motivo di ricorso incidentale Bennet s.p.a. deduce violazione
e falsa applicazione degli artt. 595 e 185 cod. pen. degli artt. 2043 e 2059
cod.civ., degli artt. 2 e 3 Cost. nonché omessa pronunzia su un punto decisivo
della controversia e/o contraddittoria motivazione. Censura la sentenza
impugnata per avere, in sintesi, richiesto, al fine della configurabilità della
diffamazione, l?attribuzione di un fatto determinato; critica, inoltre, la
statuizione per carente motivazione in ordine al ritenuto esercizio del diritto
di critica, che assume non rispettoso dei fondamentali canoni di verità e
continenza;
5. che il primo motivo di ricorso principale è inammissibile per una pluralità
di profili. In primo luogo esso muove dall?errata individuazione della ratio
decidendi della statuizione impugnata. Il giudice di appello non ha, infatti,
affermato, come sembra assumere il ricorrente principale, che per il lavoro
prestato di domenica, oltre il sesto giorno continuativo, spettava la sola
maggiorazione per il lavoro domenicale e non anche quella collegata all?attività
espletata oltre il sesto giorno; si è infatti limitato ad accertare che in
occasione delle aperture domenicali il G. era stato retribuito con le
maggiorazioni previste dal contratto collettivo e che aveva goduto di riposi
compensativi, chiarendo che il contratto collettivo di settore, in ipotesi
particolari riguardanti attività il cui funzionamento domenicale rispondeva a
specifiche esigenze, prevedeva la possibilità di prestazione di lavoro nel
giorno di riposo settimanale, fermo restando il diritto alla maggiorazione ed a
godere di un riposo compensativo. In secondo luogo l?assunto secondo il quale il
contratto collettivo non contemplerebbe alcuna specifica ipotesi di compenso per
il lavoro prestato oltre il sesto giorno non è sviluppato con modalità coerenti
con il disposto dell?art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. il quale, secondo
l?insegnamento di questa Corte, esige il rispetto del duplice onere, imposto a
pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell?atto
introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi
il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o
riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di
legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere
all?esame dei fascicoli d?ufficio o di parte (v. tra le altre, Cass. 12/12/2014,
n. 26174). Parte ricorrente non ha osservato tali oneri in quanto ha omesso sia
di indicare in quale fase del giudizio di merito era stato prodotto il contratto
collettivo sia di trascrivere il documento nelle parti di pertinenza idonee a
dare contezza dell?assunto alla base della censura; infatti l?art. 144 c.c.n.l.
riprodotto in ricorso non è utile a suffragare la tesi di parte ricorrente posto
che esso disciplina (non il lavoro domenicale ma) per l?appunto, le ore di
lavoro prestate nei giorni di riposo settimanale prevedendo che le stesse siano
remunerate con una maggiorazione del 30%. Alla luce delle considerazioni che
precedono è da escludere la dedotta violazione dell?art. 36 Cost. e dell?art.
2074 cod. civ. mentre, quanto all?eventuale danno, in tesi non coperto dalle
maggiorazioni del contratto, parte ricorrente non ha dimostrato la rituale
allegazione in domanda dello stesso, anche sotto il profilo della specifica
individuazione del tipo di pregiudizio connesso alle particolari modalità della
prestazione lavorativa con riferimento alla mancata fruizione del riposo nel
settimo giorno;
6. che parimenti da respingere è il secondo motivo del ricorso principale con il
quale il G. , pur formalmente denunziando violazione di norme di diritto,
incentra le proprie censure sulla contestazione dell?accertamento del giudice di
appello in punto di esclusione dell?obbligatorietà dell?anticipazione della
timbratura del cartellino rispetto all?orario di inizio del turno di lavoro. La
censura risulta inammissibile in quanto articolata in termini non conformi
all?attuale configurazione del mezzo di cui all?art. 360, comma 1, n. 5 cod.
proc. civ. nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis per
essere la sentenza impugnata stata pubblicata in epoca successiva al 10
settembre 2012 (art. 54, comma 3, d.l. n. 22/6/2012 conv. in Legge 7/8/2012 n.
134), alla stregua del quale il vizio motivazionale può essere dedotto solo sub
specie di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti,
richiedendosi la specifica indicazione di tale fatto, del dato, testuale
(emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali),
da cui ne risulti l?esistenza, del come e del quando (nel quadro processuale)
tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del
fatto stesso (Cass. Sez. Un. 7/4/2014 n. 8053). Tali oneri non sono stati
assolti dall?odierna ricorrente la quale si è limitata, in sintesi, a richiedere
un diverso apprezzamento di circostanze di fatto tratte dalle prove
testimoniali, evocate peraltro senza il rispetto delle prescrizioni di cui
all?art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., già prese in considerazione del
giudice di merito.
7. che il terzo motivo di ricorso è infondato alla luce della consolidata
giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la valutazione delle proporzioni
della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese
processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell?art.
92, comma 2, c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito,
che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a
rispettare un?esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle
spese poste a carico del soccombente (Cass. 20/12/2017 n. 30592; Cass.
31/01/2014 n. 2149);
8. che il motivo di ricorso incidentale è infondato. Non sussiste, infatti, la
dedotta violazione di norme di diritto prospettata in relazione agli artt. 595 e
185 cod. pen. degli artt. 2043 e 2059 cod.civ. posto che il giudice di appello
non ha affatto collegato, come si assume, la inconfigurabilità della
diffamazione alla mancata attribuzione all?azienda di uno specifico fatto, ma si
è limitato a rilevare come la genericità delle affermazioni che la società aveva
sostenuto essere diffamatorie, si era risolta in una mera manifestazione di
dissenso non suscettibile di ledere l?immagine della società stessa;
8.1. che l?accertamento in ordine alla inidoneità lesiva della dichiarazioni del
dipendente, costituente valutazione attinente al merito, censurabile solo
mediante la deduzione di un vizio motivazionale (Cass. 14/03/2018 n. 6133; Cass.
24/05/2002 n. 7628), non appare inficiata dalle deduzioni della odierna
ricorrente in punto di asserita violazione del principi di verità e continenza
nella manifestazione del pensiero, ed è coerente con l?esercizio del diritto di
critica, espressione di valori costituzionalmente tutelati dall?art. 21 Cost.
(Cass. 26/10/2016 n. 21649; Cass. 22/10/1998 n. 10511). Peraltro il principio di
verità non si applica all?esercizio del diritto di critica se non riguardo alla
verità del mero presupposto di fatto della critica stessa (v., da ultimo,Cass.
26/10/2017 n. 25420);
9. che al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale consegue la
compensazione delle spese di lite;
10. che non sussistono i presupposti per farsi luogo alla cancellazione
richiesta ai sensi dell?art. 89 cod. proc. civ. dalla società controricorrente,
delle seguenti espressioni contenute nel ricorso di controparte "in
considerazione delle gravi continue ed insopportabili condotte vessatorie tenute
da Bennet, il signor G. ha presentato istanza di anticipazione dell?udienza";
10.1. che, infatti, secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte il
presupposto della tutela risarcitoria ex art. 89, secondo corna, cod. proc. civ.
- il cui riconoscimento costituisce, peraltro, esercizio di un potere
discrezionale del giudice di merito - va escluso allorquando le espressioni
contenute negli scritti difensivi non siano dettate da un passionale e
incomposto intento dispregiativo e non rivelino perciò un intento offensivo nei
confronti della controparte, ma, conservando pur sempre un rapporto, anche
indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive,
siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del
comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni.
Né è precluso che, nell?esercizio del diritto di difesa, il giudizio sulla
condotta reciproca possa investire anche il profilo della moralità, fattore non
del tutto estraneo per contestare la credibilità delle affermazioni dei
contendenti senza eccedere dalle esigenze difensive (v. tra le altre, Cass.
18/10/2016 n. 21031; Cass. 31/08/2015 n. 17325; Cass. 06/12/2011 n. 26195). Nel
caso di specie, le espressioni utilizzate per giustificare, nell?ambito della
narrativa del fatto processuale, le specifiche ragioni della richiesta
anticipazione della udienza di discussione di secondo grado si pongono in
relazione diretta con la vicenda narrata nelle sue scansioni processuali e, più
in generale, richiamano un tema - quello del comportamento mobbizzante della
società nei confronti del dipendente - riconducibile all?ambito della materia
del contendere quale sviluppatasi nei gradi di merito. Il relativo contenuto non
esprime alcuna particolare intento offensivo e lesivo della dignità umana nei
confronti della controparte ma piuttosto evidenzia una vis polemica annoverabile
nell?ambito dell?esercizio di difesa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le
spese.
Ai sensi dell?art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale
e della ricorrente incidentale dell?ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso
incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.