Civile Ord. Sez. L Num. 27964 Anno 2018 Presidente: BALESTRIERI FEDERICO Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA
Civile Ord. Sez. L Num. 27964 Anno 2018 Presidente: BALESTRIERI FEDERICO
Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA Data pubblicazione: 31/10/2018
Rilevato che
Che la Corte di appello di Bari con la sentenza n. 2367/2013 aveva rigettato
l'appello proposto da A.A. avverso la decisione con la quale il Tribunale locale
aveva rigettato la domanda dallo stesso proposta nei confronti di Rete
Ferroviaria Italiana spa, diretta all'accertamento del danno biologico
conseguito alle mansioni che aveva continuato a svolgere pur a seguito di
precedente riconoscimento di patologia dipendente da causa di servizio collegata
alle stesse.
Specificava il ricorrente che con sentenza n. 7633/1997 il Tribunale di Bari
aveva riconosciuto la dipendenza di causa di servizio della patologia denunciata
(spondilo-artrosi cervico-lombare con ernie discali multiple) e che nonostante
l'accertamento le mansioni a lui assegnate non erano mutate. Il lavoratore aveva
quindi adito nuovamente il Tribunale per chiedere l'accertamento del danno
biologico patito.
La Corte territoriale, confermando la decisione di rigetto della domanda del
locale tribunale, aveva ritenuto preliminarmente separate le azioni e le
connessioni tra il riconoscimento della causa di servizio inerente le patologie
da cui era affetto il lavoratore e la domanda di risarcimento del danno
conseguente il mancato adempimento degli obblighi di sicurezza incombenti sul
datore di lavoro; aveva ritenuto non adempiuti pienamente gli oneri probatori
comunque incombenti sul lavoratore con riguardo alle modalità di determinazione
del danno , non potendosi affermare la presenza nella disposizione di cui
all'art. 2087 cc di una ipotesi di responsabilità oggettiva. In concreto aveva
valutato che riguardo a specifiche attività ed a specifici ambienti di lavoro
risultano presenti rischi per la salute del lavoratore ineliminabili in tutto o
in parte dal datore di lavoro e per i quali deve essere messa in conto una
necessaria accettazione del rischio alla salute del lavoratore legittimata dal
principio di bilanciamento degli interessi. In tale contesto non risulta
configurabile la responsabilità ex art. 2018 c.c., se non in caso di
comportamenti specifici ed anomali del datore di lavoro, la cui prova incombe
sul lavoratore, che, ne! caso di specie, era mancata.
Avverso detta decisione l'A.A. proponeva ricorso affidato a 4 motivi ed a
successiva memoria cui resisteva con controricorso Rete Ferroviaria Italiana.
Considerato che
1) Con il primo motivo era denunciata la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1218 2097 e 2697 c.c. ( ex art. 360 n. 3), con riguardo al governo degli
oneri probatori nella fattispecie esaminata. In particolare il ricorrente aveva
rilevato che incombe al lavoratore dar la prova del danno subito e della
patologia da cui è affetto ed al datore di lavoro l'onere di provare di aver
adottato tutte le misure necessarie .
Deve preliminarmente rilevarsi che "La dipendenza della malattia del lavoratore
da una "causa di servizio" non implica, né può far presumere, che l'evento
dannoso sia derivato dalle condizioni di insicurezza dell'ambiente di lavoro,
essendo possibile che la patologia accertata debba essere collegata alla qualità
intrinsecamente usurante della ordinaria prestazione lavorativa ed al
logoramento dell'organismo del dipendente esposto ad un lavoro impegnativo per
un lasso di tempo più o meno lungo In detto ultimo caso si resta al di fuori
dell'ambito dell'art. 2087 c.c., che riguarda una responsabilità contrattuale
ancorata a criteri probabilistici e non solo possibilistici" ( Cass.n.25151/2017)
Il principio esposto, coerente con la fattispecie in esame, impone quindi che
nell'ipotesi in cui sia presente una malattia accertata quale conseguenza
dell'attività di lavoro, non sia affatto automatica la responsabilità datoriale
ma questa, in ipotesi, debba invece essere provata con le regole generali in
materia di responsabilità e ciò pur se si discuta, come nella fattispecie in
esame, di danno conseguente all'utilizzo del lavoratore in mansioni uguali a
quelle che avevano determinato la patologia riconosciuta come afferente
all'attività di lavoro.
Con riguardo alla ripartizione degli oneri di prova questa corte ha chiarito che
"Il lavoratore che agisca, nei confronti del datore di lavoro, per il
risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro ha
l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento ed il nesso di causalità
materiale tra l'inadempimento ed il danno, ma non anche la colpa della
controparte, nel cui confronti opera la presunzione ex art. 1218 c.c.. In
particolare, nel caso di omissione di misure di sicurezza espressamente previste
dalla legge, o da altra fonte vincolante, cd. nominate, la prova liberatoria
incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti
provati dal lavoratore; viceversa, ove le misure di sicurezza debbano essere
ricavate dall'art. 2087 c.c., cd. innominate, la prova liberatoria è
generalmente correlata alla quantificazione della misura di diligenza ritenuta
esigibile nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi
l'onere di provare l'adozione di comportamenti specifici che siano suggeriti da
conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche l'assolvimento di puntuali
obblighi di comunicazione( Cass. n.10319/2017).
Questa Corte ha altresì affermato che "sul datore di lavoro gravano sia il
generale obbligo di "neminem laedere" espresso dall'art. 2043 cod. civ. (la cui
violazione è fonte di responsabilità extracontrattuale), sia il più specifico
obbligo di protezione dell'integrità psico-fisica del lavoratore sancito
dall'art. 2087 cod .civ. ad integrazione "ex lege" delle obbligazioni nascenti
dal contratto di lavoro (la cui violazione determina l'insorgenza di una
responsabilità contrattuale). Conseguentemente, il danno biologico - inteso come
danno all'integrità psico-fisica della persona in sé considerata, a prescindere
da ogni possibile rilevanza o conseguenza patrimoniale della lesione - può in
astratto conseguire sia all'una che all'altra responsabilità. Qualora la
responsabilità fatta valere sia quella contrattuale, dalla natura dell'illecito
(consistente nel lamentato inadempimento dell'obbligo di adottare tutte le
misure necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore) non deriva
affatto che si versi in fattispecie di responsabilità oggettiva (fondata sul
mero riscontro del danno biologico quale evento legato con nesso di causalità
all'espletamento della prestazione lavorativa), ma occorre pur sempre l'elemento
della colpa ossia la violazione di una disposizione di legge o di un contratto o
di una regola di esperienza. La necessità della colpa - che accomuna la
responsabilità contrattuale a quella aquiliana - va poi coordinata con il
particolare regime probatorio della responsabilità contrattuale che è quello
previsto dall'art. 1218 cod. civ. (diverso da quello di cui all'art. 2043 cod.
civ.), cosicché grava sul datore di lavoro l'onere di provare di aver
ottemperato all'obbllgo di protezione, mentre il lavoratore deve provare sia la
lesione all'Integrità psico-fisica, sia il nesso di causalità tra tale evento
dannoso e l'espletamento della prestazione lavorativa" (Cass.n. 4184/2006; conf.
Cass. n. 23162/2007). Gli enunciati principi cristallizzato i reciproci obblighi
delle parti attribuendo al lavoratore gli oneri probatori della lesione subita e
del nesso di causalità ed al datore di lavoro l'onere di provare l'ottemperanza
a tutte le misure utili a prevenire ed evitare l'evento e il danno ( oneri di
protezione).
La sentenza impugnata non risulta aver dato corretta applicazione alle regole
così enucleate, allorché ha basato la propria decisione sulla Ineluttabilità di
taluni rischi per la salute dei lavoratori Insiti in specifici lavori con
conseguente "necessaria accettazione del rischio alla salute" da parte del
lavoratore, sulla esistenza di un bilanciamento di Interessi in siffatte
circostanze tale da far escludere la configurazione della responsabilità ex art.
2087 c.c., e sulla assenza di segnalazione da parte del lavoratore di
comportamenti anomali del datore di lavoro tali da rendere lo stesso
responsabile del danno subito.
Le circostanze valutate dal giudice d'appello risultano evidentemente estranee
alla corretta individuazione del reciproci obblighi probatori soprattutto in
considerazione del pregresso accertamento di una patologia dipendente da causa
di servizio che, se pur non collegata nella sua originaria determinazione a
responsabilità datoriale, Imponeva un conseguente e severo controllo sulle
mansioni successivamente attribuite (ancor più se conservate) al lavoratore.
L'obbligo di protezione Incombente su datore di lavoro necessitava nel caso di
specie di un controllo personalizzato del dipendente e della compatibilità delle
mansioni assegnate, soprattutto se le stesse avevano già determinato un danno
fisico accertato come conseguente da causa di servizio.
Tale ultima circostanza, se correttamente allegata In giudizio, risulta
soddisfare gli oneri probatori Incombenti sul lavoratore cui deve conseguire la
eventuale prova liberatoria da parte datoriale.
Il motivo di censura risulta quindi fondato.
2) Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione delle
norme di cui all'art. 4 DPR n. 303/56, artt. 16 e 17 D.lgs n. 626/94 e art 2087
c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Con tale motivo il ricorrente lamenta
la valutazione della Corte sulla osservanza degli obblighi di sorveglianza
sanitaria e tutela della salute incombente sul datore di lavoro, basata solo su
documenti non idonei a rappresentare tali adempimenti.
3) Con il quarto motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli
artt. 4 DPR 303/56 ed artt. 3,4 e 21 D.lgs n. 626/94 e 2087 in relazione
all'art. 360 n. 3 c.p.c; Omesso esame di più punti e fatti decisivi ex art. 360
n. 5 c.p.c.
Il motivo denuncia per un verso la violazione degli obblighi in punto di tutele
contenuti nelle norme richiamate e per altro verso la carenza motivazionale sul
perchè non siano stati valutati tali obblighi incombenti sul datore di lavoro.
Tra tali obblighi è richiamata una comunicazione sui rischi ( art. 4 DPR 303/56;
art. 3 Lgs n. 626/1994).
Le censure possono essere congiuntamente esaminate perché attinenti agli
obblighi di sorveglianza sanitaria e quindi assorbiti da quanto detto in
relazione al primo motivo di censura ritenuto fondato e quindi valutabili solo
in conseguenza della corretta applicazione degli oneri probatori cui la corte
territoriale è chiamata a dare seguito.
3) Con il terzo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli
artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., poiché la corte
territoriale non aveva dato contezza delle ragioni che l'avevano portata a
ritenere generiche le richieste istruttorie ed in parte inammissibili.
Il motivo, se pur superi il vaglio di ammissibilità in quanto pur attenendo alla
errata valutazione, non può trovare sponda sul versante dell'esame della
motivazione e della sua denunciata carenza e contraddittorietà (Cass. SU n.
8053/2014), risulta comunque assorbito dall'accoglimento della prima censura.
Il ricorso deve quindi essere accolto con riguardo al primo motivo, ritenendo
assorbiti gli altri, e cassata la sentenza con rinvio alla Corte di appello di
Bari, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la
sentenza in relazione al ricorso accolto e rinvia alla corte di appello di bari,
in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 17 luglio 2018.
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