Corte di Appello di Potenza - Sezione Lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Potenza - Sezione Lavoro - riunita in Camera di Consiglio
nelle persone dei Signori Magistrati:
Dr. MAURA STASSANO - Presidente relatore
Dr. ROBERTO SPAGNUOLO - Consigliere
Dr. AIDA SABBATO - Consigliere
ha pronunziato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile iscritta al nr. 56/2017 R.G., avente ad oggetto: "rapporto di
lavoro subordinato : impugnativa di licenziamento" e vertente
TRA
T. spa, con sede in V. (T.), P.I. (...), in persona dell'Amministratore Delegato
dott. S.C.M., rappresentata e difesa sia congiuntamente che disgiuntamente dagli
avv.ti Giovanna Pacchiano PARRAVICINI e Ruggero PONZONE del foro di Torino e
dall'avv. Beniamino PALAMONE del foro di Potenza presso il quale in Potenza, via
del Popolo n. 30 è elettivamente domiciliata come da procura in calce al reclamo
depositato in data 21 marzo 2017
APPELLANTE
E
L.G.A., nato a T. il (...), cod. fisc. (...), residente in Via P. N. n. 8 -
frazione M. 75020 P. (M.), rappresentato e difeso, sia unitamente che
disgiuntamente ed in virtù di procura in calce alla memoria difensiva e di
costituzione, depositata in data 3 luglio 2017, dagli avv.ti Giuseppe Santo
DIGIAMMA e Giovanni Francesco PATERNOSTER, elettivamente domiciliati, assieme al
proprio assistito, in Potenza alla via Nicola Sole n. 73, presso e nello studio
dell'avv. Vincenzo Santangelo
APPELLATO
Fatto
Con sentenza nr.184 in data 19 Febbraio 2017 il Tribunale di Matera in
composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro così statuiva: "in
riforma dell'ordinanza impugnata annulla il licenziamento intimato a G.A.L. con
missiva del 24 settembre 2014 e condanna T. s.p.a. alla reintegrazione nel posto
di lavoro di G.A.L. e al risarcimento del danno mediante pagamento in favore di
G.A.L. di una indennità pari ad Euro 21.405, oltre rivalutazione secondo gli
indici ISTAT e interessi legali, nei limiti di legge, nonché al versamento dei
contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento
(26/9/2014)fino a quello dell'effettiva reintegrazione, maggiorati degli
interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o
ritardata contribuzione, nei limiti di legge le spese di lite seguivano la
soccombenza.
Avverso tale decisione interponeva appello la società con ricorso depositato
presso la cancelleria di questa Corte in data 21 Marzo 2017 e deduceva :
"... si rileva come il Tribunale di Matera abbia annullato il licenziamento
intimato dalla reclamante nei confronti del L. "appiattendosi" completamente
sulle risultanze della CTU ambientale effettuata nella seconda fase del
giudizio, senza tenere in minimo conto, ai fini della valutazione complessiva
del comportamento contestato, del ruolo rivestito dal reclamante e, quindi, del
"disvalore ambientale" che la sua condotta poteva assurgere (o che di sicuro ha
assurto a seguito della sentenza che ne ha disposto la reintegra del L.) per gli
altri dipendenti quale modello diseducativo e disincentivante dal rispetto degli
obblighi di sicurezza e, in ogni caso, della palese violazione di precetti
aziendali volti a fare rispettare le norme di sicurezza per di più, all'interno
dello stabilimento della società committente (così mettendo anche a rischio i
rapporti tra la T. e la ILVA)"
"Le motivazioni rese dal Tribunale appaiono del tutto lacunose ed erronee
essendosi il Giudice della seconda fase limitato a fare proprie le conclusioni
del CTU senza prendere in considerazione le osservazioni sollevate dal T. sia
nelle note di osservazione alla CTU sia nelle note autorizzate di discussione.
Si ribadiscono, in tale sede, i motivi, già evidenziati nelle osservazioni alla
CTU in causa del 31 maggio 2016 e nelle note autorizzate di discussione del 9
febbraio 2016, per i quali le conclusioni rese dal CTU in sede i perizia
appaiono errate e non condivisibili. L'art. 107 del D.Lgs. n. 81 del 2008
definisce il lavoro in quota come quella "attività lavorativa che espone il
lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m.
rispetto al piano stabile Pacifico essendo che il L. lavorava ad un'altezza di
circa 32 metri, egli ricade certamente nell'ambito del regime di tutela e
prevenzione previsto dagli artt. 105 e ss. del citato decreto. Ciò premesso, il
D.Lgs. n. 81 del 2008, individuando il lavoro in quota come una delle attività
oggetto di specifiche disposizioni in tema di tutela per la salute e sicurezza
del lavoratore, implicitamente riconosce che tale attività comporta rischi
intrinseci superiori alle normali attività lavorative tant'è, appunto, che il
legislatore ritiene necessarie ulteriori forme di prevenzione per evitare o
minimizzare i rischi connessi a tale attività"
"Non spettava al CTU né a nessuno valutare quanto fosse elevato il rischio di
caduta perché ciò che conta è che tale ci sia. La legge, infatti, impone al
datore di lavoro di tutelare il lavoratore dal rischio e a tal fine la T. ha
vietato di passare dal cestello al ballatoio perché, come lo stesso CTU ammette,
tale passaggio comporta il rischio di caduta". "l'art. 52 CCNL, si limita a
prendere in considerazione le inosservanze "...dalle altre prescrizioni in
materia di ambiente e sicurezza quando tali infrazioni siano suscettibili di
provocare incidenti"..., senza fare distinzioni sulla base di criteri di
probabilità o possibilità, essendo solo determinante la mera suscettibilità di
provocare incidenti" in subordine, l'eccessività della misura dell'indennità
liquidata, in via ulteriormente subordinata la mancata detrazione dell'aliunde
perceptum; e
concludeva
per l'accoglimento dell' appello nei sensi di cui alle surriportate conclusioni
di spese. Depositava copia della impugnata sentenza e fascicolo di parte di
primo grado.
Emesso il decreto presidenziale ex art. 435 c.p.c., notificato in uno all' atto
introduttivo alla controparte questa si costituiva per resistere all'avverso
dedotto
concludendo
per il rigetto del gravame con ogni conseguenza.
Alla odierna udienza, da aggiornamento per acquisizione del fascicolo d'ufficio
di primo grado, comparivano i difensori costituiti che si riportavano ai propri
atti e discutevano la causa, decisa come da dispositivo letto in udienza.
Diritto
Il primo giudice ha accolto la domanda di impugnativa sul rilievo che:
"All'esito della ricostruzione il c.t.u. ha ritenuto di escludere che vi fosse
un elevato rischio di caduta nelle condizioni in cui fu eseguito il passaggio
dalla piattaforma elevabile al ballatoio ... E' assai inverosimile che il
ricorrente potesse scavalcare il parapetto uscendo da uno dei lati della
navicella non accostati al ballatoio. Deve ritenersi pertanto che abbia
scavalcato passando dal lato del cestello accostato al ballatoio. Tale
circostanza unitamente al fatto che indossasse correttamente l'imbracatura
assicurata mediante aggancio con moschettone alle strutture del cestello riduce
la probabilità di provocare un incidente praticamente a zero ". La ricostruzione
rispetto alla contestazione mossa ed alla fattispecie precettiva prevista dal
CCNL, contiene una doppia elaborazione non consentita :
a) La ritenuta rilevanza di un rischio elevato, laddove la esposizione a rischio
semplice non perfezionerebbe l'ipotesi contestata
b) La ritenuta rilevanza della probabilità di danno e non già della potenzialità
di danno a sè agli altri ed alle cose.
Con nota in data 10 settembre 2014 l'azienda contestava al dipendente di essere
" passato dal cestello alla piattaforma di accesso in quota (50m. ca) al punto
di campionamento senza utilizzare le scale alla marinara appositamente
predisposte e per di più sena indossare gli appositi Dispositivi di Protezione
Individuale (imbracatura anticaduta)."
Con nota in data 18 settembre 2014 il dipendete contestava di non aver indossato
l'imbracatura e contestava di aver eseguito manovre pericolose essendosi
limitato a sporgersi " dal cestello proprio perché in condizioni di assoluta
sicurezza, al fine di vedere il collega intento ad utilizzare uno strumento
nuovo ma non di aver fatto manovre o acrobazie particolari ".
Con nata del successivo 24 la spa intimava il licenziamento " per giusta causa
per mancanze ai sensi dell'art.2119 del codice civile e dell'art. 52 del CCNL "
L'istruttoria svolta ha consentito di accertare :
a) Che il dipendente indossò l'imbracatura
b) Che il dipendente accedé al ballatoio non usando le scale alla marinara, ma
utilizzando il cestello elevato fino ad una altezza di trentadue metri indi
accostato al ballatoio del camino
c) Che lo scavalcamento avvenne dal lato lungo e non dal lato corto -quello di
ingresso con sbarra mobile- appoggiando il piede sulle barre di protezione
rompitratta orizzontali
d) Che la manovra avvenne ad una altezza di circa mt.32 e quindi in quota ex
art. 107 D.Lgs. n. 81 del 2008
Depongono in tal senso :
a) Le dichiarazioni del teste R.G., operatore di piattaforma aerea : "... il
ricorrente era salito sul cestello per raggiungere il camino ad un'altezza di
circa 32 m dal suolo.. quando il ricorrente è salito sul cestello ho visto che
indossava casco, cinture di sicurezza e mascherina. L'imbragatura indossata dal
ricorrente era assicurata mediante aggancio con moschettone alle strutture del
cestello. Preciso che il mio compito era quello di manovrare il cestello sul
quale era salito il ricorrente mediante dei comandi che azionavo dal suolo. Lo
stesso ricorrente posto sul cestello mi dava indicazioni circa le manovre da
effettuare per avvicinare il cestello al camino. Nel caso specifico ho manovrato
il cestello fino ad accostarlo ad una distanza di circa 5 cm di camino . Il
giorno del fatto sul camino non ho visto altri operai sul camino ... dopo che ho
fatto salire il ricorrente già posizionato sul cestello azionando da terra i
comandi, ho abbassato lo sguardo e dopo pochi minuti, circa tre o quattro minuti
è venuto da me il caposquadra della mia società datrice di lavoro, il .... Che
mi ha detto che il ricorrente era passato dal cestello alla passerella del
camino ad n'altezza di circa 32 m. A quel punto ho guardato verso l'alto e ho
visto che il ricorrente effettivamente si trovava sul camino ad un'altezza di
circa 32 m."
b) Le dichiarazioni del teste G. A.: " il giorno del fatto contestato io
lavoravo nella stessa squadra del ricorrente .. mi trovavo sul camino alla
stessa altezza ove era posizionato il cestello sul quale lavorava il
ricorrente.. ad un certo punto mi sono visto davanti il ricorrente ma non gli ho
chiesto come avesse fatto a salire sul camino, il ricorrente indossava
l'imbracatura. Il ricorrente mi ha detto che era salito sul camino spostandosi
dal cestello"
c) Gli esiti della c.t.u. "Nel compiere il passaggio dal ballatoio, con tutta
probabilità il L. non ha utilizzato la modalità d'uscita ordinaria, da uno dei
due fianchi laterali del cestello, che si realizza sollevando la barra
scorrevole della figura 6b, perché tale manovra l'avrebbe costretto a chinarsi
per passare sotto la barra superiore fissa e successivamente lo avrebbe
costretto ad un cambio di direzione di 90, per giunta sporgendosi nel vuoto, per
raggiungere il parapetto della piattaforma fissa ed infine scavalcarlo. Essendo
le altezze dei due parapetti, quello anteriore della navicella e quello del
ballatoio, entrambi pari ad un metro o poco più, e essendo i due parapetti
sufficientemente vicini o addirittura accostati, il L. ha più ragionevolmente
sfruttato l'opportunità - sicuramente più agevole - di scalcarli insieme
entrambi, con un'unica manovra. Per di più, le barre di protezione rompitratta
orizzontali, poste ad altezze intermedie tra il piano di calpestio e la barra
superiore di ciascun parapetto, gli hanno fornito un appoggio comodo e solido su
cui saltare durante lo scavalcamento". Così accertati i fatti ne consegue
l'accertamento della violazione della disposizione di cui all'art.52 lett. c)
CCNL
La manovra, per quanto eseguita con imbracatura, era vietata e poteva essere
eseguita solo su specifica autorizzazione ed in casi di assoluta necessità,
ipotesi neppure allegata dal dipendente. Il DURVI - Documento Unico di
Valutazione dei Rischi da Interferenza- che l'ILVA committente consegnò alla T.
al momento dell'affidamento dei lavori, disponeva: " In caso di utilizzo dei
mezzi di sollevamento, per il trasporto di persone (eventuale attrezzatura), è
vietato il passaggio del personale dal cestello del mezzo al ballatoio di
servizio alla zona di campionamento e viceversa.
Tale passaggio potrà essere consentito solo in condizioni di emergenza, previo
utilizzo di imbracature di sicurezza con dispositivo a doppio cordino "(ved.
doc. nr.51 produzione di parte resistete in primo grado). Il DURVI fu portato a
conoscenza del dipendente (ved. doc. 49-52 produzione di parte resistete in
primo grado)
La manovra era stata eseguita per non dover accedere al ballatoio usando la
scala alla marinara, come prescritto, e per tale motivo il dipendete in sede di
difese disciplinari aveva affermato di essersi limitato a sporgersi dal cestello
senza aver " fatto manovre o acrobazie particolari ", per poi emendarsi in sede
di ricorso in opposizione
L'uso del cestello posizionato in aderenza al ballatoio è consentito per il solo
passaggio di attrezzi all'operatore presente sul ballatoio (il teste R. G.
afferma: "... voglio dire uno viene sollevato fa il suo lavoro restando sul
cestello oppure deve passare tutto. Preciso che il lavoro deve essere eseguito
dall'operatore restando all'interno del cestello che viene avvicinato al
camino") ne consegue che l'innalzamento del cestello con operatore a bordo è
manovra ordinaria mentre del tutto extravagante si è rivelata l'iniziativa di
scavalcamento.
Lo scavalcamento dalla navetta - in luogo dell'uso delle scale- è manovra
vietata e pericolosa, o meglio vietata in quanto pericolosa e rientra tra le
manovre suscettibili di creare incidenti - ex art. 52 CCNL- ovverosia di mettere
in pericolo la sicurezza degli operatori, per il rischio di urto, per il rischio
di penzolamento, per il rischio di schiacciamento, per il rischio di caduta
dall'altro di attrezzi La norma ex art. 52 lett. c) del CCNL sanziona con il
licenziamento in tronco l' "inosservanza.. delle altre prescrizioni in materia
di ambiente e sicurezza quando tali infrazioni siano suscettibili di provocare
incidenti alle persone, agli impianti ai materiali ", erra il primo giudice
quando esclude in concreto la fattispecie sul rilievo che il pericolo non era
probabile, poiché, data la rilevanza del bene giuridico protetto - la sicurezza
sul lavoro - le parti sociali hanno inteso presidiare non la probabilità di
pericolo ma la potenzialità di pericolo, la semplice esposizione a rischio,
vietando e quindi gravemente sanzionando tutte quelle manovre -acrobazie- che
fossero idonee ad esporre a rischio di lesione l'incolumità personale e
generale. La manovra era seriamente pericolosa in quanto eseguita in altezza,
eseguita con scavalcamento di oltre un metro, con innalzamento sulla barra di
protezione rompitratta, con appoggio su una base mobile - tanto in violazione
dell'art.125 co. VI D.Lgs. n. 81 del 2008 che impone l'ancoraggio la manovra era
intrinsecamente pericolosa ed espressamente vietata nella misura in cui "Le
norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, sono (n.d.r)
tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, e sono dirette a
tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua
disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed
imprudenza dello stesso la violazione di queste norme crea una situazione di
allarme (cui consegue la sanzione conservativa) o di pericolo (cui consegue il
licenziamento in tronco).
Afferma il c.t.u. " la probabilità che il ricorrente potesse precipitare nel
vuoto durante il passaggio dalla navicella al ballatoio, qualora questo sia
avvenuto nella zona intermedia della fiancata frontale , è decisamente remota,
se non addirittura nulla. Né è ragionevole pensare che lo scavalcamento sia
potuto avvenire ad una delle estremità della fiancata frontale, avendo il L.
tutta la fiancata anteriore libera e disponibile. Nell'altra ipotesi, che
comunque si ritiene meno verosimile, in cui il trasferimento sia avvenuto
attraversando una delle due fiancate laterali, la probabilità di cadere nel
vuoto non sarebbe certo trascurabile. In caso di caduta tuttavia, il danno a
carico del lavoratore sarebbe stato limitato dall'imbracatura di protezione " ne
consegue :
a) Probabilità di caduta non trascurabile in caso di non verosimile passaggio
attraverso la fiancata laterale
b) Possibilità di caduta nel vuoto non nulla in caso di passaggio attraverso una
estremità della fiancata frontale
c) Probabilità di caduta remota se non nulla in caso di passaggio attraverso la
zona intermedia della fiancata frontale, " poiché l'oscillazione verticale della
navicella dovuta al passaggio del ricorrente dalla parte mobile alla parte fissa
.... in ogni caso può escludersi che possa essere stata più ampia di 3 o 4 cm
(come stimato nell'appendice dei calcoli), e pertanto l'effetto dinamico
conseguente, considerate le modeste forze in gioco, non può essere stato causa
di urti o danneggiamenti degni di rilievo nei confronti del cestello o della
piattaforma",
Orbene poiché se si può ragionevolmente escludere che il passaggio sia avvenuto
lateralmente, non si è accertato se il passaggio frontale sia avvenuto
all'estremità o nella parte mediana della fiancata frontale con la conseguenza
che il rischio di oscillazione non solo esponeva al pericolo di caduta di urto o
di schiacciamento l'operatore e quindi di danno all'integrità psico-fisica,
quanto esponeva al pericolo che potesse precipitare dal alto qualche attrezzo o
altro materiale; ipotesi nemmeno divisata dal C.t.u., che si è limitato ad
affermare che il pericolo di danno per il cestello o per la piattaforma era
marginale. Le stesse valutazioni di rischio remoto, sono effettuate ex post
sulla base di quello che è avvenuto dal punto di vista dell'agente ovverosia di
chi ha concretamente agito e non, come doveroso, ex ante dal punto di vista di
un agente modello per verificare se era prevedibile che la condotta avrebbe
potuto determinare un serio rischio, una seria esposizione a pericolo. La norma
contrattuale nel presidiare il pericolo di danno - " infrazione ... suscettibile
di provocare incidenti .. tutela il bene sicurezza sul lavoro ed il pericolo va
inteso in senso oggettivo come probabilità di danno futuro (in conseguenza
dell'effettiva esecuzione di manovre vietate specificamente) che può derivare
non solo dalla potenzialità della condotta contestata ma anche dalla semplice
sua possibilità di contribuire al perfezionamento dell'esposizione a rischio. Il
legislatore per i lavori in quota non solo ha previsto un particolareggiato
sistema di norme antinfortunistiche, quanto ha posto una presunzione di
pericolosità delle operazioni superabile - dal datore di lavoro- solo con la
prova di aver assicurato" il tipo più idoneo di sistema di accesso ai posti di
lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al
dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve
consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un
sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve
comportare rischi ulteriori di caduta.", art. III D. l.vo cit. Nel caso di
specie il sistema di accesso posto in essere dal dipendente non era affatto il
più idoneo - unica via praticabile la scala alla marinara- poiché data
l'altezza, data la mobilità della base di appoggio e data la anelasticità del
cordino, il rischio di caduta era attuale e le conseguenze sull'integrità fisica
non marginali (lo stesso C.t.u. riferisce di prevedibili lievi lesioni); in
altre parole solo l'uso della scala scongiurava il rischio di caduta e di
penzolamento. Alla responsabilità aggravata del datore di lavoro corrisponde una
responsabilità aggravata del dipendete tenuto al rispetto delle norme
antinfortunistiche in caso di lavori in quota. Accertata la condotta ed
accertata la sua potenzialità lesiva - la suscettibilità di provocare incidenti
- completa il giudizio di gravità la qualità personale del dipendete: preposto
aziendale per la sicurezza, formatore del personale. Può sembrare retorico
chiedersi quale affidamento possa confidare il datore di lavoro sulla
reiterazione da parte sua di manovre del genere ma soprattutto sulla vigilanza
sul comportamento dei sottoposti, se non sulla autorevolezza dei suoi richiami
al rispetto delle regole di sicurezza? "In materia di infortuni sul lavoro, il
coordinatore per l'esecuzione dei lavori ex art. 92 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81,
oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al
fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla
corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle
stesse e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia
dell'incolumità dei lavori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione
alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di
pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. (Fattispecie in cui la S.C.
ha ritenuto corretta la condanna pronunciata nei confronti dei coordinatori per
la sicurezza che nel corso dell'avvicendamento tra due imprese, mentre erano in
corso lavori in quota, avevano omesso per alcuni giorni di vigilare sulla
corretta osservanza delle prescrizioni dei piani di sicurezza, causando lesioni
personali ad un lavoratore)."(Cass Pen. Sez. 4, Sentenza n. 27165 del
24/05/2016).
Il recesso datoriale fu quindi legittimo non solo perché la condotta contestata
integra pienamente la fattispecie ex art. 52 lett. c) CCNL, tipizzazione di cui
questo giudice deve, soprattutto in materia di sicurezza del lavoro ove
l'attenzione delle parti sociali ed in ispecie del sindacato è massima, tener
conto ex art. 30 L. n. 183 del 2010 (se non altro per discostarsene
motivatamente), quanto perché essa fu grave sia in relazione alle oggettive
modalità di esecuzione in sia in relazione alla posizione professionale del
dipendente, sia in considerazione della consapevole volontà che la animò, sia in
relazione alle oggettive condizioni di lavoro di società appaltatrice di altra
azienda ed in quanto tale firmataria di uno specifico DURVI.
L'appello va quindi accolto e respinta l'azionata domanda; il contrasto di
giudizi costituisce :
grave, data la rilevanza degli interessi in gioco, che per l'appellato attingono
alla stessa garanzia di una esistenza libera e dignitosa, ed eccezionale, in
quanto verificatasi all'interno di una medesima fase dinanzi allo stesso
giudice, ragione di compensazione.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sull'appello proposto dalla T. s.p.a in data 21
marzo 2017 nei confronti di L.G.A., avverso la sentenza del Tribunale g.l. di
Matera nr. 184 in data 20 febbraio 2017, ogni altra domanda, eccezione e
deduzione disattesa, così provvede :
Accoglie l'appello respingendo la domanda azionata da L.G.A. con ricorso del 7
aprile 2015;
Compensa le spese del doppio grado.
Così deciso in Potenza, il 12 ottobre 2017.
Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2017.
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