Penale Sent. Sez. 4 Num. 35568 Anno 2019 Presidente: DI SALVO EMANUELE Relatore: DOVERE SALVATORE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35568 Anno 2019 Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: DOVERE SALVATORE Data Udienza: 05/06/2019
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha
parzialmente riformato la pronuncia emessa dal Tribunale di Lucca nei confronti
di B.L. e di B.N. con la quale questi erano stati giudicati responsabili di
incendio boschivo colposo (artt. 40, co. 2 e 423-bis cod. pen.), condannandoli
alla pena di un anno di reclusione ciascuno, ed era stato mandato assolto il
B.L. dal reato di cui agli artt. 28 e 55 d.lgs. n. 81/2008 mentre per il B.N.,
per il medesimo reato, era stata dichiarata l'estinzione per prescrizione (altre
statuizioni, qui non rilevanti, avevano attenuto al coimputato I.G.).
Sul gravame proposto dal B.N. e dal B.L., la Corte di Appello ha infatti mandato
assolto il primo dal residuo reato, ritenendo che egli non avesse commesso il
fatto, ed ha confermato ogni altra statuizione.
2. I fatti valutati dai giudici di merito sono stati ricostruiti nel modo che
segue.
Il 6 settembre 2009 A.C., dipendente della Bea s.r.l., aveva provocato l'innesco
dell'incendio di circa mille metri quadrati di bosco sito in località Ponte a
Serraglio di Bagni di Luca. Ciò era accaduto perché il A.C., tagliando delle
sbarre di ferro con una mola troncatrice, aveva fatto sprigionare delle
scintille che avevano attinto dell'erba secca posta sul muro che delimitava da
un lato il cantiere della Cooperativa Terra Uomini e Ambiente; erba che aveva
preso fuoco.
Agli imputati in parola, il B.N. nella qualità di legale rappresentante della
Bea s.r.l. e quindi datore di lavoro del A.C. (giudicato separatamente per
l'imputazione di incendio boschivo colposo) e il B.L. quale responsabile della
sicurezza nei luoghi di lavoro della società cooperativa a responsabilità
limitata Terra Uomini e Ambiente e come tale soggetto obbligato alla redazione
del POS, era stato ascritto di aver omesso di formulare nel POS misure dirette a
prevenire il rischio di incendio boschivo derivante dalle lavorazioni effettuate
nel cantiere operante in prossimità del bosco e così di aver cagionato
l'incendio.
3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione B.L. a mezzo del difensore di
fiducia, avv. Francesco L..
3.1. Con un primo motivo, deduce violazione di legge in relazione al rigetto
dell'eccezione di nullità della notifica all'imputato della citazione a giudizio
per il grado di appello, derivante dalla consegna dell'atto non già all'imputato
personalmente ma a D.B., persona non legittimata a riceverlo, siccome non
residente nel luogo e quindi non convivente con il destinatario.
3.2. Con un secondo motivo, lamenta che la Corte di Appello, incorrendo in
violazione della legge penale e nel vizio di motivazione, ha erroneamente
ritenuto sussistente in capo al B.L. una posizione di garanzia rispetto al
rischio di incendio boschivo, insussistente alla luce del fatto che egli era
responsabile della sicurezza e quindi non titolare degli obblighi di redazione
del POS e comunque una eventuale posizione di garanzia in tale veste era
delimitata alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e non a
tutela del patrimonio boschivo.
Ravvisa poi manifesta illogicità nella sentenza, che assolve il B.L. dalla
contravvenzione per non aver commesso il fatto, in quanto privo di obbligo, e
poi lo condanna per il delitto perché titolare di posizione di garanzia.
Inoltre, la stessa sentenza prende atto che il B.N. aveva assolto all'obbligo di
adozione del POS, nel quale vi era specifica valutazione del rischio incendio,
sulla scorta di quella segnalazione fatta dal B.L. la cui omissione invece gli
viene rimproverata.
Per altro verso l'esponente rimarca come sia dubitabile che la posizione di
garanzia ricoperta dal B.L. sia riferibile alla prevenzione dell'incendio
boschivo; menziona, a dimostrazione, gli artt. 1, 2, co. 1 lett. q), 15 e 28 del
d.lgs. n. 81/2008.
Diritto
4. Va rilevato che successivamente alla pronuncia della sentenza qui impugnata è
decorso il termine massimo di prescrizione del reato.
Tale termine è di sette anni e sei mesi, che per effetto di alcuni periodi di
sospensione, risulta decorso il 26.9.2016.
Dovendosi escludere, per le ragioni che saranno subito esposte, la
inammissibilità del ricorso, siffatta causa estintiva può essere rilevata (cfr.
Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del
22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 - dep.
25/03/2016, Ricci, Rv. 266818), anche perché non emerge la prova evidente
dell'innocenza dell'Imputato che imporrebbe, ai sensi dell'art. 129, co. 2 cod.
proc. pen., un proscioglimento nel merito.
In particolare, la motivazione con la quale la Corte di Appello ha respinto
l'osservazione difensiva secondo la quale il B.L. avrebbe dovuto attivarsi
perché fosse fronteggiato il rischio di incendio boschivo risulta carente e non
in linea con i principi posti da questa Corte a riguardo dell'obbligo giuridico
di impedire l'evento. Invero, se le qualifiche richiamate nella sentenza
impugnata possono di per sé valere quale richiamo sintetico alle disposizioni
che attribuiscono in via originaria al dirigente e al preposto puntuali obblighi
di garanzia nei confronti dei lavoratori rispetto ai rischi derivanti
dall'attività lavorativa, la rilevanza che nel caso specifico assume il rischio
di incendio boschivo avrebbe richiesto di esplicitare il percorso
logico-giuridico in forza del quale anch'esso è stato ricondotto all'area del
rischio gestito dal B.L..
Per contro, da un canto la Corte distrettuale ha rimarcato che il B.L. era
titolare di posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori operanti nel
cantiere di cui trattasi; dall'altro, prendendo atto dell'assoluzione per la
contravvenzione pure contestatagli e quindi del fatto che al medesimo non poteva
essere riportata la omessa previsione del rischio di incendio boschivo nel POS,
ha concluso per un addebito fondato sulla mera presenza in cantiere e sulla
violazione di regole di colpa generica, in tal modo credendo di fondare
esclusivamente sulla conoscenza dell'esistenza in prossimità del cantiere di
erba secca e del compimento di lavorazione che sprigionava scintille
l'ampliamento dell'area di rischio affidata al B.L.. Senza però considerare che
l'imputazione per fatto omissivo improprio avrebbe richiesto comunque di
approfondire in forza di quali disposizioni la conoscenza delle condizioni di
contesto del cantiere avrebbe reso il B.L. obbligato ad adottare misure per la
prevenzione dell'incendio boschivo.
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata perché il reato è
estinto per prescrizione.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5/6/2019.
|