Cassazione Penale, n. 16216 - Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: NARDIN MAURA
Cassazione Penale, Sez. 4, 15 aprile 2019, n. 16216
Presidente: MENICHETTI CARLA Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 07/03/2019
Fatto
1. Con sentenza in data 8 novembre 2017 la Corte di Appello di Napoli ha
riformato, dichiarando l'estinzione del reato per prescrizione con conferma
delle statuizioni civili, la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
con cui L.M. è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 590, cod.
pen. e condannato alla pena ritenuta di giustizia, per avere causato, nella sua
qualità amministratore del caseificio 2G s.r.l., per colpa consistita in
negligenza, imprudenza ed imperizia e violazione della disciplina sulla
prevenzione degli infortuni su lavoro -ed in particolare degli artt. 4 comma 2
lett.re a) e c), 5 lett. c), 15, comma, 21, comma 1, 22 comma 1 e 44) lett. f)-
al lavoratore A.G., lesioni personali gravissime, consistite nello
schiacciamento dell'avambraccio sinistro, con fratture multiple con amputazione
del 5^ dito della mano sinistra e parziale amputazione dell'avambraccio
omolaterale e la perdita funzionale della mano.
2. Il fatto, non contestato nella sua materialità, può essere così descritto: in
data 30 luglio 2007, A.G., operaio, con mansioni di casaro, addetto alla
macchina spezzatrice destinata alla lavorazione della mozzarella, alla fine del
turno di lavoro, nel provvedere al recupero dei residui di lavorazione della
pasta filata da reimmettere nel macchinario, per completare il confezionamento
delle ultime mozzarelle, inseriva la mano nella cavità ad imbuto
dell'apparecchiatura, dalla quale era stata tolta la griglia di protezione
-previa neutralizzazione del dispositivo di blocco in dotazione, che ne produce
il fermo allorquando l'apposito sensore rilevi la rimozione della griglia-
rimanendo agganciato dalle coclee presenti sul fondo dell'imbuto, cosicché la
mano veniva trascinata nella parte più interna del meccanismo, causando le
lesioni descritte.
3. La sentenza di secondo grado, considerata non contestata la materiale
modalità di accadimento, ha ribadito la penale responsabilità dell'imputato,
riesaminando, alla luce delle prove raccolte, la sussistenza delle violazioni
contestate al medesimo, cui ha rimproverato la mancata predisposizione del
documento di valutazione dei rischi, l'omessa formazione ed informazione dei
lavoratori, l'omessa vigilanza sull'utilizzo improprio delle attrezzature
produttive.
4. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione
L.M., a mezzo del proprio difensore, affidandolo ad un unico articolato motivo.
5. Con la doglianza fa valere, ex art. 606, primo comma, lett.re b) ed e) la
violazione della legge processuale con riferimento agli artt. 125 comma 3 e 578
cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione, per avere la decisione
ritenuto, senza tenere conto degli orientamenti espressi con le pronunce di
legittimità e violando gli oneri motivazionali imposti dal codice di rito, non
esorbitante ed abnorme - e quindi interruttivo del nesso di causalità- il
comportamento del lavoratore che, al fine di concludere rapidamente il turno di
lavoro, nell'operare la pulizia del macchinario, in spregio delle direttive
ricevute, aveva rimosso la griglia di protezione del macchinario, destinata a
proteggere i lavoratori, infilando deliberatamente la mano nell'imbuto, dal
quale veniva trascinato. Osserva che la Corte territoriale ha fondato il
giudizio di responsabilità esclusivamente sulle parole della persona offesa,
senza cercare altrove conferma delle sue dichiarazioni e senza sottoporle ad un
rigoroso vaglio, alla luce della credibilità soggettiva del dichiarante, il cui
astio nei confronti del datore di lavoro era del tutto evidente.
Diritto
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
2. La sentenza impugnata, contrariamente a quanto preteso dal ricorrente, non è
affetta da alcuna contraddittorietà od illogicità.
3. Appare, infatti, ineccepibile il ragionamento del primo giudice ripreso dalla
Corte territoriale, che, valutate le violazioni rilevate dall'INAIL a seguito
dell'ispezione successiva all'infortunio, pur richiamando quanto riferito da
A.G. -secondo il quale fu l'imputato a rimuovere la griglia di protezione al
fine di rendere più veloce la lavorazione ed evitare i fermi macchina che
impedivano la conservazione della pasta filata- ha escluso l'eccezionalità del
comportamento del lavoratore, equiparando l'ipotesi della rimozione da parte del
lavoratore a quella da parte del datore di lavoro.
Benché abbia ritenuto non confermata la circostanza secondo la quale fu A.G. ad
eliminare la griglia di protezione ed a bloccare il meccanismo di salvaguardia,
propendendo il diverso accertamento ricavabile dalle parole della persona offesa
e dal teste I., nondimeno, ha chiarito che l'attività svolta dal lavoratore
rientrava nell'ambito delle mansioni affidategli, il che impedisce di
qualificare il suo comportamento come abnorme.
Si tratta di un assunto che deve essere condiviso. Non si dimentichi, infatti,
che l'invocata nozione di abnormità va ricondotta ad un "comportamento
imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente
e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di
ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli
sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente,
lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del
lavoratore nella esecuzione del lavoro." (ex multis e da ultimo Sez. 4, n. 7188
del 10/01/2018 - dep. 14/02/2018, Bozzi, Rv. 27222201).
In questo caso, invece, come chiarito dai giudici di merito, era l'esigenza di
rendere più rapida la lavorazione ad avere reso necessaria la rimozione della
griglia. Che ciò sia accaduto per non compromettere la tenuta della pasta
filata, come sostengono, secondo la Corte territoriale, la persona offesa ed il
teste I., peraltro socio della 2G s.r.l., o che sia dipeso dalla volontà di A.G.
di terminare rapidamente il turno di lavoro, non muta la responsabilità del
datore di lavoro che ha omesso di vigilare efficacemente sul corretto
funzionamento del macchinario e sul dovuto utilizzo dei dispositivi di
sicurezza, da parte dei prestatori di lavoro. Né può valere ad escludere detta
responsabilità il fatto che A.G. fosse un lavoratore esperto, tanto da essere
stato ritenuto preposto, in quanto avente 'una supremazia' sugli altri
lavoratori.
4. Il rigoroso ragionamento contenuto nella motivazione della sentenza impugnata
non viene, dunque, scalfito dalle censure che gli vengono mosse, che, in qualche
modo, denunciando il difetto della contraddittorietà invertono l'inferenza
logica, pretendendo di ricavare dall'asserita abnormità del comportamento del
lavoratore la sufficienza dei sistemi di sicurezza approntati dal datore di
lavoro, che, invece, come ben ha chiarito la Corte territoriale, non erano
conformi alle disposizioni antinfortunistiche.
5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa
delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende
Così deciso il 07/03/2019
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