Penale Sent. Sez. 4 Num. 14915 Anno 2019 Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: DOVERE SALVATORE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14915 Anno 2019 Presidente: IZZO FAUSTO Relatore:
DOVERE SALVATORE Data Udienza: 19/02/2019
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha
parzialmente riformato la pronuncia emessa dal Tribunale di Brescia con la quale
A.G., A.N., B.A. e Z.O. erano stati giudicati responsabili del delitto di cui
agli art. 40 cpv. e 589 cod. pen. e condannati alla pena per ciascuno ritenuta
equa, mentre la Nolfa s.a.s. di A.G. & C. era stata giudicata responsabile
dell'illecito di cui all'art. 25-septies d.lgs. n. 231/2001 e condannata alla
sanzione ritenuta equa, in relazione al decesso di E.C..
Il giudice di secondo grado ha infatti assolto lo Z.O. per non aver commesso il
fatto e la società Nolfa dall'illecito amministrativo contestatole perché il
fatto non sussiste; ha altresì concesso ai restanti imputati la sospensione
condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del
casellario giudiziale.
2. La vicenda che ha dato origine ai predetti pronunciamenti attiene
all'infortunio mortale occorso nel cantiere sito in via Verga a Pian Camuno il
13.7.2009, ove la Nolfa s.a.s. di A.G. & C. stava eseguendo lavori edili e si
era verificato allorquando un manufatto in cemento prefabbricato denominato
bocca di lupo aveva ceduto negli ancoraggi alla autogru che lo stava
movimentando, cadendo in modo incontrollato e così investendo e schiacciando il
E.C. che si trovava sul fondo dello scavo nel quale il manufatto doveva essere
posizionato.
Ad A.G., quale socio accomandatario della Nolfa s.a.s., veniva ascritto di non
aver previsto nel POS i rischi connessi alla movimentazione delle bocche di lupo
e non aver somministrato delle procedure scritte per la loro movimentazione, di
non aver formato il personale e di non aver dato direttive per l'imbracatura
delle bocche di lupo nei punti di ancoraggio; ad A.N., preposto, veniva
addebitato di aver disposto una errata manovra di ancoraggio del gancio della
gru all'ultima coppia superiore dei fori laterali e di aver consentito che due
operai, uno dei quali inesperto (appunto il E.C.), si trovassero nell'area
sottostante il carico sospeso.
Alla B.A., titolare dell'impresa di costruzione del manufatto, veniva ascritto
di averlo fabbricato in modo non conforme alle prescrizioni in materia di
sicurezza e di averlo fornito privo di documentazione o di libretto di
istruzione.
3. A.G. e A.N. hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza elevando
i seguenti motivi:
- in relazione ad A.G. la corte territoriale identifica un unico profilo di
colpa, consistente nell'aver egli omesso di recarsi in cantiere per sei giorni,
di assumere informazioni precise e dettagliate dal preposto e quindi di aver
omesso di modificare il Pos originariamente redatto, come richiesto dalla
modifica della originaria previsione di utilizzare delle bocche di lupo in
vetroresina. In ciò il ricorrente coglie un vizio della motivazione perché è
errato attribuire all'A.G. un'assenza di sei giorni quando tra il 7 luglio, data
di trasporto in cantiere delle bocche di lupo, al 13 luglio 2009, data
dell'infortunio, i giorni lavorativi furono solo tre; in secondo luogo non è
vero che i lavori erano in una fase di criticità, dovendosi escludere che nei
giorni immediatamente precedenti l'infortunio si fosse proceduto al getto delle
fondamenta. Il c.t. del p.m., poi, aveva affermato che la posa delle bocche di
lupo è attività di dettaglio non bisognevole di approfondimenti progettuali.
Per altro aspetto, aggiunge il ricorrente, la Corte territoriale non considera
che era stato designato il CSE e che il preposto A.N. non era stato lasciato
solo ad occuparsi della problematica. Quindi A.G. era consapevole che nel
cantiere vi era un preposto e che il Coordinatore per la sicurezza
nell'esecuzione effettuava quotidianamente visite di esso.
Poiché l'imputato aveva disposto per l'uso delle bocche di lupo in vetroresina e
non era mai stato informato del cambiamento non poteva aggiornare il POS.
Quindi non poteva prefigurarsi la verificazione dell'evento.
Quanto ad A.N., l'esponente rileva che già prima dell'incidente le bocche di
lupo in cemento armato erano state movimentate e quindi non può essere
rimproverato al preposto di aver deciso quali fori dovessero essere utilizzati
per il sollevamento del manufatto invece di desistere dal dare corso alla
movimentazione dello stesso, perché assenti le istruzioni. Né avrebbe avuto
valenza impeditiva la misura di far costruire un basamento provvisorio perché
anche in tal caso lo sganciamento del manufatto avrebbe prodotto il medesimo
evento. Infine, non era esigibile la individuazione della ridotta misura della
distanza tra il foro e l'estremo del manufatto, all'origine del cedimento della
bocca di lupo.
Diritto
3. Il ricorso di A.G. è fondato.
3.1. In tema di reati colposi, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che
l'obbligo di prevenzione gravante sul datore di lavoro non è limitato al solo
rispetto delle norme tecniche, ma richiede anche l'adozione di ogni ulteriore
accortezza necessaria ad evitare i rischi di nocumento per i lavoratori, purché
ciò sia concretamente specificato in regole che descrivono con precisione il
comportamento da tenere per evitare il verificarsi dell'evento (Sez. 4, n. 5273
del 21/09/2016 - dep. 03/02/2017, P.G., P.C. in proc. Ferrentino e altri, Rv.
270380). La responsabilità per colpa, infatti, non fonda unicamente sulla
titolarità di una posizione gestoria del rischio (sulla quale Sez. U, n. 38343
del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, in motivazione)
ma presuppone l'esistenza - e la necessità di dare applicazione nel caso
concreto a - delle regole aventi specifica funzione cautelare, perché esse
indicano quali misure devono essere adottate per impedire che l'evento temuto si
verifichi (cfr. Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015 - dep. 24/03/2016, P.G. in proc.
e altri in proc. Barberi e altri, Rv. 267813). Dovere di diligenza e regola
cautelare si integrano definendo nel dettaglio il concreto e specifico
comportamento doveroso; ciò assicura che non si venga chiamati a rispondere
penalmente per la sola titolarità della posizione e pertanto a titolo di
responsabilità oggettiva.
3.2. Nel caso che occupa la Corte distrettuale ha fondato l'affermazione di
responsabilità pronunciata nei confronti di A.G. sul fatto che la sua mancata
conoscenza della decisione di utilizzare bocche di lupo in cemento invece che in
vetroresina fosse da ricondurre ad una violazione dell'obbligo del datore di
lavoro di controllare fisicamente l'andamento dei lavori in cantiere: "era ...
onere primario del datore di lavoro informarsi, sia attraverso il preposto (che,
come detto era anche il figlio) sia con visite frequenti sul cantiere, su quali
fossero le fasi di avanzamento dei lavori e le eventuali problematiche".
Ma non indica, la corte territoriale, quale sia, a suo avviso, la fonte donde
trae la doverosità dello specifico comportamento descritto.
E' indubbio che, alla luce della normativa prevenzionistica vigente (già ai
tempi del commesso reato), sul datore di lavoro gravi l'obbligo di valutare
tutti i rischi connessi alle attività lavorative e attraverso tale adempimento
pervenire alla individuazione delle misure cautelari necessarie e quindi alla
loro adozione, non mancando di assicurarsi che tali misure vengano osservate dai
lavoratori. Ma nella maggioranza dei casi la complessità dei processi aziendali
richiede la presenza di dirigenti e di preposti che in diverso modo coadiuvano
il datore di lavoro. I primi attuano le direttive del datore di lavoro
organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa [art. 2, co. 1, lett.
d) d.lgs. n. 81/2008]; i secondi sovrintendono alla attività lavorativa e
garantiscono l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta
esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di
iniziativa [art. 2, co. 1, lett. e) d.lgs. n. 81/2008]. Pertanto, già nel
tessuto normativo è previsto che il datore di lavoro vigili attraverso figure
dell'organigramma aziendale che, perché investiti dei relativi poteri e doveri,
risultano garanti della prevenzione a titolo originario.
Prendendo atto di tali previsioni questa Corte ha già scandito il principio
secondo il quale, in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, ai fini
dell'individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occorre fare
riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio
essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del
preposto l'infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione
lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio
dell'organizzazione dell'attività lavorativa e a quella del datore di lavoro,
invece, l'incidente derivante da scelte gestionali di fondo (Sez. 4, n. 22606
del 04/04/2017 - dep. 09/05/2017, Minguzzi, Rv. 269972).
Pertanto, anche in relazione all'obbligo di vigilanza, le modalità di
assolvimento vanno rapportate al ruolo che viene in considerazione; il datore di
lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza
affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in
aggiunta, impartitegli (tanto che, qualora nell?esercizio dell'attività
lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi " contra
legem", foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del
dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di
formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di
sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato
di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche:
Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018 - dep. 08/06/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960).
Ma quanto alle concrete modalità di adempimento dell'obbligo di vigilanza esse
non potranno essere quelle stesse riferibili al preposto ma avranno un contenuto
essenzialmente procedurale, tanto più complesso quanto più elevata è la
complessità dell'organizzazione aziendale (e viceversa).
L'assunto può essere sintetizzato nel seguente principio di diritto:
"l'obbligo datoriale di vigilare sull'osservanza delle misure prevenzionistiche
adottate può essere assolto attraverso la preposizione di soggetti a ciò
deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza del datore di
lavoro delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete
modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure
di prevenzione adottate a seguito della valutazione dei rischi".
3.3. Calando tali premesse nel caso che occupa va rimarcato come un difetto di
informazione circa l'andamento dei lavori non possa essere rimproverato al
datore di lavoro per una sua assenza fisica dal cantiere o per non aver
interloquito con il preposto, tanto più perché familiare; in realtà il dato
rilevante è se e quali misure fossero state previste ed adottate per assicurare
che quanto previsto nella valutazione dei rischi fosse osservato. Sotto tale
profilo la corte territoriale avrebbe dovuto indagare, ove insuperata la
circostanza della mancata conoscenza da parte del datore di lavoro della
decisione di modificare il tipo di bocca di lupo da utilizzare, sulle ragioni
'strutturali' di tale carenza informativa, che equivale ad un fallimento della
gestione del rischio delineata con il documento di valutazione a suo tempo
redatto. Indagare su come erano strutturate le procedure di acquisto dei
materiali e di controllo della corrispondenza di essi a quanto previsto nel
documento di valutazione, onde verificare quali misure fossero previste per
evitare che quanto disposto in quello fosse vanificato in concreto. Quindi
indagare sulle direttive impartire al preposto per l'assicurazione
dell'osservanza delle misure previste dal documento di valutazione e sulle
modalità definite per l'assolvimento dell'obbligo di vigilanza sul medesimo.
Nulla di tutto ciò emerge dalla sentenza impugnata, che opera valutazioni a
partire da un erroneo presupposto giuridico.
Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata nei confronti di A.G., con
rinvio alla Corte di Appello di Brescia per nuovo esame, da compiersi alla luce
di quanto qui stabilito.
4. Il ricorso di A.N. è infondato.
4.1. Il ricorrente muove da talune premesse fattuali che non trovano
corrispondenza in quanto accertato dai giudici di merito. Si assume che le
bocche di lupo fossero già state movimentate; la corte distrettuale ha scritto
che "non risulta in alcun modo provato che le bocche di lupo con quelle
caratteristiche fossero state movimentate, prima dell'infortunio, agganciando le
catene nel foro superiore distanziato dal bordo solo 5 cm.".
Ancora il giudice di secondo grado ha chiarito che l'inidoneità di un aggancio
delle catene nei predetti fori era percepibile da chiunque, proprio per la
ridotta distanza tra il foro ed il bordo del manufatto.
Le ragioni che rendevano la realizzazione della base di appoggio una misura
utilizzabile perché efficiente sono illustrate dalla corte in principal modo nel
riferimento al minor tempo di sospensione del manufatto che ciò avrebbe
determinato. L'affermazione del ricorrente che in ogni caso si sarebbe
verificato l'evento è quindi meramente antagonista ed assertiva. Come tale essa
non è in grado di identificare uno specifico vizio della motivazione impugnata.
4.2. Segue al rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente all'imputato A.G. con rinvio per
nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.
Rigetta il ricorso di A.N. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19/2/2019.
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