Cassazione Civile, Sez. Lav., n. 7171 - Presidente Nobile – Relatore Arienzo
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Presidente Nobile ? Relatore Arienzo
Rilevato che:
1. con sentenza in data 11.8.2014, la Corte di appello di Torino respingeva il
gravame proposto da Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale
della stessa città, che, in accoglimento del ricorso proposto da Gi. Pi., aveva
condannato la società al pagamento, in favore del lavoratore, della somma di
Euro 2538,90, oltre interessi legali, a titolo indennizzo per l'invalidità
temporanea dal predetto sofferta in relazione ai danni subiti in conseguenza
delle condizioni lavorative cui era stato sottoposto;
2. la Corte osservava che l'istruttoria orale svoltasi in primo grado aveva
confermato le circostanze indicate nei capitoli di prova, evidenziando: che le
operazioni di carico e scarico dei pacchi della corrispondenza, cui era addetto
il Pi. nella qualità di furgonista, erano svolte con l'ausilio di carretti a
traino o a spinta, che negli uffici di destinazione non vi erano carrelli, che
il peso dei plichi variava, ma che di fatto non era osservata la direttiva di
non superiore i 30 Kg. per ciascuno e che, anzi, tale limite era spesso
superato, che per ogni turno le uscite erano molteplici presso i vari uffici
postali e che tutto ciò confortava le valutazioni espresse dal Tribunale quanto
alla condotta omissiva posta in essere dalla società, in violazione della
clausola generale di cui all'art. 2087 c.c.;
3. le censure erano respinte anche in relazione agli ulteriori rilievi della
società, che non aveva evidenziato errori diagnostici o contraddizioni nello
sviluppo dell'esame e nelle conclusioni del CTU medico legale, il quale aveva
rilevato esiti patologici quali spondilodiscoartrosi e anterolistesi, rispetto
ai quali - avuto riguardo all'indennizzo prestato dall'INAIL per la malattia
professionale, maggiore di quello da riconoscere a titolo di risarcimento del
danno da parte di Poste, pure a seguito di personalizzazione - residuava solo
l'indennizzo giornaliero per inabilità temporanea, liquidato correttamente dal
Tribunale;
4. di tale decisione domanda la cassazione Poste Italiane s.p.a., affidando
l'impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il Pi..
Considerato che:
1. con il primo motivo, è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, n. 5, c.p.c, in
relazione all'affermata responsabilità, ai sensi dell'art. 2087 c.c., con
riferimento agli artt. 47 e 48 D.P.R. 626/94, sostenendosi che la valutazione di
alcuni fatti storici, considerati nel loro insieme, portava a concludere che la
riconosciuta malattia professionale non era derivata da condizioni di
insicurezza o insalubrità dell'ambiente lavorativo, essendo risultato
documentalmente provato che il Pi. era stato regolarmente sottoposto a
sorveglianza sanitaria, come prescritto dalla normativa vigente, e che lo stesso
era stato sempre applicato a mansioni compatibili con il suo stato di salute e
di idoneità al lavoro, anche quando il medico competente ne aveva accertato una
parziale inidoneità;
2. si evidenzia che la sentenza non spiega perché ha ritenuto le misure
precauzionali adottate inadeguate, non considerando che all'epoca vi erano
sistemi di sicurezza alternativi a quelli adottati e che la documentazione
fotografica allegata e le dichiarazioni rese nel corso dell'istruttoria avevano
fornito una chiave di lettura diversa da quella contenuta in sentenza, in quanto
la movimentazione dei carichi era caratterizzata dall'essere ciascun carico
riferito ad un peso massimo che non superava il limite previsto dalla normativa
vigente; si assume che il giudice del gravame non avrebbe considerato se i
carrelli in uso fossero non conformi alle normative vigenti e non aveva disposto
c.t.u. per accertare l'entità dello sforzo richiesto per la spinta o trazione
del carrello, che consentissero di mandare assolta Poste da qualsiasi
responsabilità contrattuale ex art. 2087 c.c.;
3. si rileva ulteriormente che la Corte ha del tutto ignorato quanto disposto
dall'Allegato VI al D.P.R. 626/94, relativo alla previsione di un peso del
carico nei limiti dei 30 Kg. ed alle caratteristiche dello stesso, anche in
relazione allo sforzo fisico richiesto ed alle esigenze connesse all'attività
svolta. Questa era stata conforme alle prescrizioni normative anche con riguardo
al predisposto documento di valutazione dei rischi e sicurezza ed alle misure
organizzative adottate per ridurre al minimo i rischi di danni alla salute
attraverso l'adibizione del Pi. a compiti compatibili con l'accertato stato di
parziale idoneità fisica del predetto;
4. con il secondo motivo, si lamentano violazione e falsa applicazione degli
artt. 2087 c.c., 48 D.P.R. 626/94, 1176 e 1218 c.c., contestandosi la mancanza
di ogni considerazione circa la sussistenza del necessario nesso causale tra la
patologia e l'inadempimento del datore in base ai principi dettati dalle norme
da ultimo citate, evidenziandosi come la riconosciuta sussistenza di una
patologia non equivalesse a provarne la riconducibilità a colpa datoriale e
ponendosi richiamo a circostanze quali l'assenza dal lavoro per malattia, per
447 giorni, del lavoratore, nell'arco temporale intercorrente tra il 2006 ed il
2009, ovvero a eventi traumatici che avrebbero scatenato la patologia, non
connessi all'attività lavorativa svolta;
5. motivazione apparente, ex art. 360, n. 5, c.p.c. e falsa applicazione
dell'art. 2087 c.c. in relazione al criterio di quantificazione del danno sono
ascritte alla decisione impugnata nel terzo motivo, assumendosi di avere sempre
contestato i conteggi di controparte, sia quanto alla personalizzazione del
danno, sia quanto al danno morale, sia quanto al danno biologico per invalidità
temporanea;
6. il ricorso, che presenta anche profili di inammissibilità di seguito
evidenziati, è infondato;
7. le critiche formulate nel primo motivo attingono il merito della valutazione
compiuta dal giudice del gravame e presuppongono una diversa combinazione degli
elementi probatori rivenienti anche dalle testimonianze rese nel corso
dell'istruttoria orale;
8. peraltro, la sentenza attribuisce valore non dirimente all'osservanza delle
norme relative ai limiti di peso di ciascun carico, essendo stata conferita
rilevanza, nell'ambito del giudizio complessivo, correttamente effettuato,
all'omissione di Poste la cui organizzazione lavorativa aveva comportato per il
Pi., per un arco di tempo di oltre 12 anni, il continuo ricorso al sollevamento
manuale di carichi costituiti dai pacchi postali ed al trasporto manuale dei
carrelli con cui i pacchi erano movimentati: è stato osservato che, al di là del
peso di ciascun carico, per quanto previsto dalla stessa normativa in materia,
in relazione alle esigenze connesse ad attività che comportavano un rischio
dorso - lombare, il lavoratore era stato esposto a sforzi fisici, troppo
frequenti e prolungati, che ne avevano sollecitato, in particolare, la colonna
vertebrale;
9. la Corte di appello ha, poi, evidenziato che l'esordio acuto lombalgico era
compatibile temporalmente con tale ricostruzione e che nessuna critica
all'elaborato del consulente aveva avanzato la società, che non aveva rilevato
errori diagnostici o contraddizioni nello sviluppo dell' esame della situazione
personale del Pi.;
10. quanto al secondo motivo, non rileva il dedotto assolvimento, da parte del
datore, degli obblighi concernenti la sottoposizione del dipendente a visite di
controllo sanitario o l'osservanza della normativa in tema di idoneità
lavorativa alle mansioni svolte, avendo il giudice del gravame osservato come
nessuna contestazione fosse stata effettuata in ordine alle conclusioni ed
all'esame condotto dal C.t.u. e non potendo conferirsi rilevanza nella presente
sede a circostanze mai indicate nelle fasi di merito, che, peraltro, non
assumono valore in termini di decisività rispetto ad una difforme ricostruzione
che conduca ad un esito del giudizio diverso da quello cui sono pervenuti i
giudici del merito;
11. con riferimento al terzo motivo, in primo luogo non sono trascritte, in
ossequio al principio di specificità dei motivi di ricorso, le contestazioni che
la società avrebbe asseritamente avanzato rispetto a tali profili;
12. per quanto attiene alla personalizzazione del danno, la sentenza impugnata è
conforme ai principi affermati da questa Corte, secondo cui "In tema di
liquidazione del danno non patrimoniale per la ridotta o soppressa funzionalità
di un arto in seguito ad una ingiusta lesione subita, la parte che chieda il
risarcimento per pregiudizi ulteriori rispetto a quelli già forfettariamente
compensati con la liquidazione attraverso i meccanismi tabellari, deve allegare
altri pregiudizi di tipo esistenziale, individuando specifiche circostanze che
incidano su aspetti "eccezionali" e non semplicemente quotidiani della vita,
tali, per caratteristiche, dimensione od intensità ed in relazione alle proprie
particolari condizioni di vita, da porli al di fuori delle conseguenze
ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone
della stessa età";
13. nella specie, pertanto, non appaiono conferenti il riferimento al
riconoscimento costituzionale dell'interesse violato ed alla gravità della
lesione invalidante poiché, per quanto riguarda il primo, esso consente di
estendere la tutela risarcitoria al danno non patrimoniale in difetto di
un'espressa previsione di legge, mentre il secondo è soltanto uno dei parametri
utilizzati nell'attribuzione del valore tabellare del danno non patrimoniale,
sotto il profilo del danno morale soggettivo (cfr. Cass. 4.10.2018 n. 24155,
Cass. 7.5.2018 n. 10912, da ultimo, tra le altre);
14. nella specie sono stati allegati ritualmente elementi che comprovavano il
disagio patito in relazione ad attività sportive normalmente praticate e
risultano correttamente applicate le tabelle "milanesi" di liquidazione dei
danni;
15. quanto al danno biologico temporaneo la censura è contraddetta da quanto
affermato da questa Corte secondo cui "In tema di responsabilità del datore di
lavoro per il danno da inadempimento l'indennizzo erogato dall'INAIL ai sensi
dell'art. 13 del D.Lgs. n. 38 del 2000 non copre il danno biologico da inabilità
temporanea, atteso che sulla base di tale norma, in combinato disposto con
l'art. 66, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 1124 del 1965, il danno biologico
risarcibile è solo quello relativo all'inabilità permanente" (cfr. Cass.
2.3.2018 n. 4972).
16. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in
dispositivo;
17. sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115 del
2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per
esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge,
nonché al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente
dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma dell'art.13, comma Ibis, del citato D.P.R..
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