Cassazione Penale, Sez. 4, 01 febbraio 2019, n. 5007 - Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Cassazione Penale, Sez. 4, 01 febbraio 2019, n. 5007
Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 28/11/2018
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Asti ha assolto P.M. dal
reato ascritto di lesioni colpose per violazione delle norme sulla sicurezza del
lavoro, con la formula: "perché il fatto non costituisce reato".
1.1. La vicenda attiene all'infortunio subito dal lavoratore F.B., mentre questi
era intento all'assemblaggio di due leve oscillanti di una macchina utensile (Curvatubi
mod. 305 HV). Tali leve dovevano essere posizionate, allineate e centrate al
fine di poter inserire il perno. Ad un certo punto la leva di sinistra si era
incastrata e non scendeva nella corretta posizione. F.B. stava cercando di
posizionarla tenendola con le due mani (quella destra all'interno del
macchinario), quando improvvisamente la leva era scivolata nella sua posizione,
urtando il dito medio della mano destra del F.B., provocandogli le lesioni per
cui si procede (amputazione dell'apice del 3° dito della mano destra).
Secondo la contestazione l'imputato, quale datore di lavoro, avrebbe
colposamente omesso di valutare adeguatamente il rischio presente
nell'operazione assegnata al F.B.; inoltre, non avrebbe provveduto alla
formazione sui rischi riferiti alle mansioni ed alle conseguenti misure e
procedure di prevenzione, con particolare riferimento a situazioni anormali
prevedibili derivanti dall'uso delle attrezzature di lavoro.
1.2. Il Tribunale, di contro, ha ritenuto che il lavoratore, nell'occorso,
avesse tenuto un comportamento esorbitante rispetto alle disposizioni impartite
dal datore di lavoro, in violazione delle norme che impongono anche ai
lavoratori di agire con diligenza, prudenza e perizia; ha, conseguentemente,
escluso la configurabilità di profili di colpa a carico del prevenuto, che non
aveva potuto evitare un evento derivante da un comportamento imprevedibilmente
colposo del lavoratore (mediante introduzione della mano destra all'interno
della macchina, invece di utilizzare l'apposito palanchino per sbloccare la
leva).
2. Avverso tale sentenza propone ricorso immediato per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Asti, lamentando inosservanza o erronea
applicazione della legge penale.
Deduce che non è condivisibile la conclusione cui è giunto il Tribunale, che non
ha tenuto conto della costante giurisprudenza di legittimità secondo cui, nella
materia degli infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore che
rientri comunque nelle mansioni a lui assegnate non può mai essere considerata
condotta abnorme, come tale imprevedibile e ingovernabile per il datore di
lavoro. Nel caso di specie, il comportamento del F.B. non è connotato da
esorbitanza o abnormità, giacché l'incidente si è verificato all'interno del
processo produttivo e delle mansioni attribuite in via ordinaria al lavoratore.
Da questo punto di vista, il ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato
l'art. 590 cod. pen., come integrato dalle norme di prevenzione degli infortuni,
avendo escluso la responsabilità del datore di lavoro senza indagare/motivare
sui profili di colpa comunque a lui addebitabili.
Deduce, inoltre, che gli addebiti di colpa elevati al P.M. non hanno trovato
alcuna smentita in sede processuale.
3. Con memoria depositata il 22.11.2018 la difesa di P.M. chiede motivatamente
il rigetto del ricorso.
Diritto
1. Il ricorso è manifestamente infondato e quindi inammissibile.
1.1. Contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente, la sentenza impugnata
ha fatto corretto uso delle norme di riferimento e dei principi di diritto
elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità in relazione al
caso concreto sottoposto al suo esame.
1.2. In particolare, è stato correttamente richiamato l'orientamento secondo
cui, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro che, dopo avere
effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di
una determinata attività, ha fornito al lavoratore i relativi dispositivi di
sicurezza ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di
garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta
esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore (Sez. 4, n. 8883 del
10/02/2016 - Santini e altro, Rv. 26607301; in motivazione la Corte di
cassazione ha precisato che il sistema della normativa antinfortunistica si è
evoluto passando da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla
figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di
vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello "collaborativo" in cui gli
obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori).
1.3. Con particolare riguardo alla nozione di condotta "esorbitante" del
lavoratore, non è affatto vero - come paventato dal ricorrente - che la stessa è
esclusa tutte le volte che la condotta del lavoratore rientri comunque nelle
mansioni a lui assegnate. Interpretata in termini così assoluti, non sarebbe mai
possibile riscontrare una condotta abnorme da parte di un prestatore di lavoro
nell'esercizio delle sue mansioni. Occorre invece che il giudice, caso per caso,
analizzi compiutamente le caratteristiche dell'attività lavorativa demandata al
dipendente, accertando in concreto le modalità con cui la stessa si è esplicata,
al fine di verificare se i compiti assegnati dal datore di lavoro siano stati
rispettati, e se siano state osservate le prescrizioni di sicurezza correlate ai
rischi connessi alla prestazione lavorativa oggetto di indagine. Sotto questo
profilo, la giurisprudenza più accorta ha sottolineato che in tema di
prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa
ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta
del datore di lavoro e l'evento lesivo, non rileva tanto che l'attività svolta
rientri nell'ambito delle mansioni del lavoratore, quanto che essa sia tale da
attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata
dal soggetto titolare della posizione di garanzia (cfr. Sez. 4, n. 15124 del
13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri).
2. La sentenza impugnata, in linea con i suddetti principi, e facendo corretta
applicazione delle norme giuridiche rilevanti nel caso di specie, ha
adeguatamente motivato in ordine all'assenza di qualsivoglia responsabilità del
datore di lavoro nel caso concreto sottoposto al suo esame, avendo accertato non
solo che il rischio di schiacciamento era comunque stato previsto, ma anche che
il lavoratore era stato effettivamente dotato degli strumenti idonei ad
effettuare le mansioni richieste in completa sicurezza; invece il F.B., nello
scegliere di adottare l'opzione più comoda ma anche quella più incauta, aveva
adottato un comportamento esorbitante dall'ambito delle disposizioni impartite
dal datore di lavoro e seguite dai propri colleghi, violando gli obblighi
imposti dalla normativa prevenzionistica.
In tal modo è stata motivatamente esclusa la colpa del P.M., essendo stato
accertato in concreto che costui aveva fornito mezzi idonei alla prevenzione ed
adempiuto alle obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, a fronte di
una condotta esorbitante del lavoratore, tale da attivare un rischio eccentrico
e non controllabile da parte del datore di lavoro.
La sentenza impugnata, quindi, sfugge con evidenza alle censure di violazione di
legge dedotte dal Procuratore ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 28 novembre 2018
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