Penale Sent. Sez. 4 Num. 52374 Anno 2018 Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: FERRANTI DONATELLA
Penale Sent. Sez. 4 Num. 52374 Anno 2018 Presidente: IZZO FAUSTO Relatore:
FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 24/10/2018
Fatto
l. Con sentenza del 17.01.2018 la Corte di Appello di Brescia, ha confermato la
condanna di F.E., pronunciata dal Tribunale di Brescia il 4.03.2016 in ordine al
reato contestato in rubrica per avere, quale Presidente del consiglio di
amministrazione, con delega specifica in materia di sicurezza, della società
Cartiera del Chiese s.p.a, per colpa generica e specifica, in particolare, in
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui
all'art. 71 comma 1 in riferimento all'allegato V parte I punti 6.2 e 11.4 del
TU 81/2008, causato all'operaio P.F.C. lesioni personali gravi, consistite in
una frattura composta incompleta dente dell'epistrofeo, giudicate guaribili in
125 giorni con lesioni permanenti valutate dall'Inail nella misura del 3%. In
particolare l'incolpazione descrive che mentre P.F.C., lavoratore addetto alla
linea di politenatura 3 della cartiera (utilizzata per accoppiare il foglio di
carta al politilene e che era contraddistinta da una prima zona dello svolgitore
e l'ultima dello avvolgitore e si sviluppava per circa 21 metri di lunghezza) si
trovava nella zona avvolgitore ad ultimare la pulizie dell'impianto, veniva
schiacciato a livello toracico fra la calandrina e il rullo di rinvio
posteriore, a causa dell'improvviso movimento del carro della portacalandrina.
Al datore di lavoro si contesta di non aver adottato le misure necessarie e le
cautele tecniche ed organizzative affinchè le operazioni di pulizia sulla citata
linea, che si estendeva vari metri di lunghezza e prevedeva la presenza di più
lavoratori operanti, avvenissero in sicurezza, sia verificando l'assenza di
movimenti residui dei macchinari dopo l'attivazione dei sistemi di sicurezza sia
formalizzando specifiche disposizioni sulle modalità di messa in sicurezza della
linea, durante la fase di pulizia dei rulli e il conseguente ripristino.
L'infortunio secondo la ricostruzione del Tribunale e della Corte di appello si
era verificato secondo la dinamica di seguito descritta che tiene conto della
relazione dell'ufficiale di PG intervenuto sui luoghi dell'infortunio e della
consulenza tecnica d'ufficio oltre che delle testimonianze della persona offesa
e dei lavoratori della cartiera. Il giorno 25.05.2012 si era reso necessario un
intervento tecnico sul rullo della linea 3 causato dalla rottura della carta
mentre era in atto il cambio bobina; la linea quindi era stata messa in fermo
assoluto tramite il pulsante rosso a fungo, posizionato sul pulpito principale e
il pulsante blu ripristino sicurezze( fol 3 e 4); poiché i rulli in prossimità
dell'avvolgitore si erano sporcati di polietilene il P.F.C. insieme ad un altro
lavoratore avevano iniziato la pulizia del rullo; avevano avvisato il
capomacchina G. di non resettare l'allarme e di non riavviare la linea. Mentre
il P.F.C. si trovava tra la calandrina e il rullo di rinvio che stava ripulendo,
a seguito del riavvio della linea, vi era stata l'improvvisa retrocessione del
carro portacalandrina, (che -si assume- aveva conservato in memoria la posizione
indietro del cambio bobina nel momento in cui si era arrestata nella sua corsa
di 120 cm, prima del fermo operato per l'intervento tecnico) e rimaneva
schiacciato all'altezza del torace tra la suddetta calandrina e il rullo. La
Corte territoriale evidenzia come dato acquisito all'istruttoria che i tecnici
della Asl il 23.10.2012 hanno redatto il verbale di contravvenzione e
prescrizione nel quale si contestava all'imputato la violazione dell'art. 71
comma 1 sopra indicato in quanto, ai fini del punto 6.2, aveva omesso di
prevedere, nella zona avvolgitore, dispositivi di sicurezza ulteriori che
riguardassero anche il carro portacalandrina in quanto era evidente che i
pulsanti di emergenza erano stati sbloccati, che il lavoratore era entrato nella
zona avvolgitore e quindi le fotocellule di sicurezza lo avevano intercettato
determinando il fermo del gruppo avvolgitore ma non anche del carrello mobile,
cosiddetto portacalandrina. Quanto poi alla ulteriore violazione della
prescrizione del punto 11.4 dell'allegato V (sempre dell'art. 71 commal cit.) la
contestazione riguardava l'omessa individuazione di specifiche modalità di messa
in sicurezza della linea durante le fasi di pulizia dei rulli ed il conseguente
ripristino. Rilevavano i Giudici di merito che le scarne misure
antinfortunistiche trovate appese in prossimità del quadro centrale erano
infatti ancora quelle previste dal costruttore negli anni '90, non erano state
aggiornate agli adeguamenti effettuati sulla linea; non era stata prevista una
procedura specifica indicante quali lavoratori e quali compiti dovevano essere
svolti mentre erano in corso le operazioni di ripulitura e manutenzione nel caso
di arresto della macchina politenatrice,(il documento di sicurezza risultava
infatti redatto e messo a punto dalla società solo dopo l'Infortunio a seguito
del rilievi mossi dalla Asl).
La Corte territoriale a differenza del primo giudice, che aveva escluso
l'incidenza causale della violazione di cui all'art. 71 comma 1 part I punto
6.2, ritenendo che se non fosse stato schiacciato il pulsante di arresto
emergenza non vi sarebbe stato l'arretramento del carrello mobile chiamato
portacalandrina, riteneva sussistente tale profilo di colpa specifica in capo al
titolare della posizione di garanzia e il nesso causale con l'evento-infortunio
in quanto, affermava, che se fossero stati adottati idonei dispositivi atti ad
impedire i movimenti residui (evidentemente rimasti in memoria)del carro
portacalandrina, come quelli poi adottati in seguito alle prescrizioni ASL
(modifica al circuiti per cui il carro portacalandrina rimane comunque bloccato
ove siano aperti i cancelli di accesso alla zona ) l'infortunio non si sarebbe
verificato, anche se un terzo,come è avvenuto nel caso di specie, avesse agito
sul pulsanti di emergenza e ripristino ( fol 14).La Corte inoltre ha ritenuto
sussistente anche l'altro profilo di colpa già ravvisato dal Tribunale e la sua
incidenza causale sull'evento, quello cioè attinente alla violazione del punto
11.4 dell'allegato V, per non aver posto In essere misure necessarie e cautele
predisposte alla linea politenatura volte ad impedire o prevenire il rischio che
la macchina durante le
operazioni di pulizia, riparazione e manutenzione, che prevedono l'introduzione
del lavoratore in zone contraddistinte da organi in movimento, sia messa in
funzione da altri. Sottolinea infatti nella motivazione che vi erano norme non
aggiornate e nessuna procedura sulla individuazione delle persone competenti ad
arrestare la macchina, a riavviare l'impianto in caso di guasti tecnici e a
regolamentare le fasi di pulizia e di manutenzione dell'impianto. Infatti,
disposizioni di sicurezza chiare, con distinzioni di ruoli e di compiti, sono
state inviate ai tecnici della ASL dalla cartiera solo dopo l'incidente ( il
1.06.2012 fol 8 ), mentre in sede di sopralluogo fu rilevata solo la presenza di
un opuscolo informativo per gli impianti Rotomec sul quadro elettrico
principale. La Corte evidenzia che anche dalle acquisizioni testimoniali non
sono emerse prassi operative univoche e chiare di sicurezza messe in atto
all'interno del luogo di lavoro, sulla base di disposizioni impartite dagli
organi preposti della società.( fol 10), finalizzate a coordinare più lavoratori
operanti sulla stessa linea, a definire le competenze e il ruolo di ciascuno con
riferimento all'arresto e al ripristino della linea e a garantire che uno solo
dei lavoratori presenti (nelle istruzioni successivamente comunicate alla ASL
viene infatti individuato il capo macchina) conservasse la chiave di sblocco del
pulsante di emergenza, così da impedire che il riavvio potesse essere effettuato
da parte di soggetti non competenti.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del
difensore, l'imputato chiedendo l'annullamento con rinvio e articolando i
seguenti motivi.
2. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e in particolare del
principio devolutivo dell'appello; il primo giudice aveva escluso che il profilo
di colpa attinente all'art 71 comma 1 part.I all. V punto 6.2. fosse collegato
da nesso causale con l'infortunio e sul punto la decisione doveva ritenersi
coperta da giudicato interno; lamenta grave violazione del diritto di difesa
essendo stata recuperata sul punto la contestazione di colpa specifica dal
Giudice di appello senza che vis fosse stato appello del P.M..
Con il secondo motivo deduce violazione ed erronea applicazione della legge
penale con riferimento all'art. 590 come integrato dall'art. 71 comma 1 all. V
6.2 d.lgs 81/2008, trattandosi di previsione del tutto estranea alla fattispecie
concreta in quanto riguarda i macchinari in esercizio e non in manutenzione;
oltre che vizio e illogicità della motivazione in quanto l'infortunio si è
verificato per l'azionamento dei pulsanti di ripristino senza che fosse
completata l'azione di ripulitura; il blocco del movimento residuo del carro
porta calandrina ritenuto rilevante non era una condotta esigibile in quanto non
prevedibile.
A tal proposito lamenta l'omessa contraddittoria motivazione oltre che
travisamento dei fatti e attiene alla mancata formalizzazione delle disposizioni
sulla messa in sicurezza della linea durante le fasi di pulizia dei rulli e il
conseguente ripristino. Lamenta il travisamento delle dichiarazioni di C. e del
teste O. che supportano la tesi difensiva secondo cui all'interno dello
stabilimento vi erano prassi operative sulle modalità con cui gestire il fermo e
il ripristino degli impianti in sicurezza .
Con il terzo motivo, lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche
sulla base di precedenti di datati risalenti al 1995 e 1996 e la mancata
valorizzazione dell'adempimento delle prescrizioni impartite dalla ASL e
dell'avvenuto risarcimento sia pure ad opera di terzi anche ai fini del
riconoscimento dell'attenuante di cui all'art.62.n6 cod.pen.
Diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato .
Va osservato che questo Corte anche con pronunce a Sezioni unite ( Sez.U n.l del
1996 rv 203096; Sez.l n.2809 del 18.02.1998 rv 210039;Sez.6 n.40625 dell08.10.2009
rv.245288) ha più volte ribadito che l'effetto devolutivo dell'appello è
connesso ai punti della decisione non alle questioni che vi si dibattono; per
regola generale al giudice di appello è attribuita la cognizione del
procedimento limitatamente ai punti della decisione impugnata ai quali si
riferiscono i motivi proposti, non è certo inibito al giudice, nell'ambito di
quel punto, assumere decisioni che vanno al di là di quanto richiesto nei motivi
stessi. Ed entro il limite suddetto il giudice della cognizione di appello non
incontra riduzioni alla radice. Nel caso di specie è stato devoluto al giudice
di appello il tema della responsabilità per colpa, un punto autonomo e
complessivo nel cui ambito rientrano certamente i tutti i vari profili connessi
alla posizione di garanzia, alla violazione delle misure di sicurezza e di
prevenzione degli infortuni sul lavoro, al nesso di causa. Come già affermato da
questa Corte nell'ambito del giudizio sulla responsabilità per reato colposo il
giudice di appello ha il potere dovere di indagare su tutti gli elementi di
colpa contestati al prevenuto compresi quelli sui quali il precedente giudizio
era stato a lui favorevole dovendo considerarsi gli accertamenti relativi a
detti elementi attinenti a profili particolari della condotta dell'agente come
argomentazione logica e non punti autonomi della decisione(Sez. 4 del 25.10.2007
n.47158 ).
2.La seconda parte del primo motivo ed il secondo motivo, che possono essere
trattati congiuntamente perché attengono alla individuazione dei profili di
colpa specifica, sono infondati manifestamente infondati perciò inammissibili
perché ripropongono le censure sostanzialmente già oggetto dei motivi di appello
e ritenute infondate in maniera esaustiva dal giudice del gravame e presentano
un difetto palese di correlazione e critica argomentativa con le ragioni
esplicitate nella sentenza impugnata ( Sez. 6 n.203777 del 11.03.2009 rv
243838).
La Corte territoriale ha articolato, con dovizia di argomenti fattuali
logici-giuridici, una diffusa ricostruzione degli accadimenti, ricavata anche
dalla dettagliata analisi del giudice di primo grado, individuando i seguenti
puntuali addebiti di carattere omissivo: non avere il datore di lavoro
approntato tutta una serie di accorgimenti, previsti dalla normativa
antinfortunistica in particolare dall'art. 71 comma 1 in riferimento allegato V
part I punto 6.2 e 11.4 del T.U 81/2008 che rispettivamente imponevano la
predisposizione di dispositivi di sicurezza ulteriori che impedissero il
movimento anche del carro portacalandrina allorché dalle cellule di sicurezza
fosse avvertita una presenza nel gruppo avvolgitore e l'omessa individuazione di
specifiche modalità di messa in sicurezza della linea durante le fasi di pulizia
dei rulli ed il conseguente ripristino finalizzate ad impedire il rischio, di
fatto verificatosi, che la macchina fosse messa in funzione da altri che ben
avrebbero potuto evitare/ridurre il rischio di verificazione dell'evento,
secondo modalità certamente non riconducibili ad un comportamento abnorme o
eccentrico del soggetto infortunato.
2.1 In estrema sintesi, la Corte territoriale ha correttamente motivato
l'addebito al prevenuto, sul piano colposo omissivo, dei due profili della
mancata gestione del rischio ritenendo che entrambi abbiano avuto indubbia
rilevanza causale nella determinazione dell'evento.
Ha evidenziato infatti che terminato il primo intervento manutentivo che aveva
motivato l'arresto dell'impianto, uno degli operatori presenti (l'istruttoria
non ha consentito di accertare chi sia stato) aveva sbloccato il pulsante rosso
dì emergenza e ripristinato il riavvio della linea mentre la persona offesa
stava nella zona avvolgitore, intenta alla pulitura del rullo, e che il carro
portacalandrina retrocedeva, ritornando così nella posizione originaria, in
quanto aveva mantenuto in memoria la posizione che stava effettuando prima
dell'arresto, schiacciando il P.F.C. contro il rullo, proprio perché non vi
erano misure di sicurezza idonee ad inibire quel movimento residuo del carro
rimasto in memoria, nonostante le protezioni fossero aperte (fol 15). D'altro
canto risulta evidenziato nelle motivazioni della Corte territoriale che dopo le
prescrizioni della Asl è stata operata una modifica a livello di circuiti per
impedire che il carro potesse muoversi quando i cancelli di accesso alla zona
erano aperti( fol.14). La Corte territoriale così come il primo giudice
argomentava inoltre, anche alla luce delle dichiarazioni dei testi richiamati
dalla difesa, e del complessivo quadro probatorio l'assenza non solo di una
procedura scritta ma anche di una prassi operativa chiara precisa e nota a tutti
i lavoratori ( fol 10) circa le responsabilità e i ruoli dei soggetti che
dovevano intervenire sulla linea nel caso di fermo, per rottura della carta, per
le operazioni dì manutenzione e successivo ripristino con conseguente riavvio,
finalizzata e idonea ad evitare il rischio che la linea di politenatura (lunga
21 metri)o parti di essa fossero messe in moto da altri. E' stato, insomma,
accertato, con valutazione di merito congrua e logica, come tale insindacabile
in cassazione, che i lavoratori dell'impresa non erano a conoscenza di
disposizioni specifiche che avessero ad oggetto le corrette modalità di
manutenzione ed intervento, con riguardo ai rischi connessi al posizionamento
all'interno della linea in zone pericolose in relazione al riavvio della linea.
La constatazione del rischio impone ai garanti medesimi, nell'ambito delle loro
rispettive competenze, di adottare le misure appropriate, nel caso totalmente
mancate: il rischio non è stato previsto né valutato, quindi non è stato in
alcun modo governato dall'imputato, nonostante la sua indubbia esistenza, tanto
da non formarne neanche oggetto di informazione-formazione specifica dei
lavoratori, come era invece doveroso e obbligatorio per legge.
3. Parimenti infondato è il terzo motivo in quanto la Corte ha dato
adeguatamente conto dei criteri e dei parametri di valutazione nella
determinazione del trattamento sanzionatorio e della mancata concessione delle
attenuanti generiche in relazione ai precedenti penali specifici. La Corte
territoriale con un giudizio di merito non censurabile logicamente e
coerentemente ha ritenuto equa la pena in ragione della gravità della colpa e
del fatto, argomentando che gli elementi, dedotti dalla difesa, del risarcimento
del danno, peraltro nemmeno corrisposto personalmente dall'imputato e
l'adempimento delle prescrizioni ASL, necessitato per continuare ad utilizzare
l'impianto, costituiscono elementi recessivi a fronte della presenza di due
condanne specifiche. Sulla scorta di tali rilievi, il Collegio ha legittimamente
osservato che non vi erano ragioni per ritenere sussistente un ravvedimento,
tale da giustificare la concessione delle attenuanti generiche. Trattasi di
valutazioni prognostiche immuni da aporie logiche e del tutto conferenti, anche
in riferimento alla natura gravemente colposa dell'illecito per il quale oggi si
procede.
3.1 Riguardo alla mancata concessione dell'attenuante di cui all'art.62 cod.pen.
dedotta nell'ambito del terzo motivo di ricorso, si osserva che non fa parte dei
motivi di appello ed è pertanto da ritenersi in questa sede inammissibile .
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Così deciso il 24.10.2018
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